All’Accademia di Musica di Pinerolo si è da poco concluso il workshop di pianoforte con Maria João Pires. Lo scopo, da subito, è stato quello di trovare la sintesi tra la tecnica strumentale e le discipline orientali, anche attraverso il metodo “Respiro e Movimento”. Secondo la pianista portoghese da trasmettere alle nuove generazioni c’è, insomma, un’intera filosofia…
Ha appena tenuto un workshop all’Accademia di Musica di Pinerolo, in cui ha voluto proporre agli studenti un percorso molto articolato, capace di coinvolgere la loro intera forma mentis. La padronanza di una tecnica è solo l’inizio di un lungo cammino…
Di pianisti, e musicisti in generale, ce ne sono molti di più che in passato. Un tempo erano meno numerosi e c’erano meno scuole, ma c’era maggiore simbiosi tra la musica, l’utilizzo del corpo e il modo di relazionarsi con la sorgente della musica e la conoscenza della partitura. Oggi l’approccio è più tecnico e c’è meno tempo a disposizione, le persone sono molto più stressate e ambiziose, fanno a gara per avere un posto, ma non comprendono che la sua costruzione passa attraverso il nostro percorso di vita, il nostro sviluppo, la nostra capacità di avvicinare la musica come qualcosa di prezioso, sacro, come qualcosa che conosciamo, ma non completamente. Ci dobbiamo mettere di nuovo nella posizione di colui che ricerca continuamente, nonostante stress e velocità. Dobbiamo tornare umili. Non dobbiamo affacciarci all’arte con presunzione o con le idee e le teorie che si sono apprese. Bisogna invece essere umili, ricominciare tutto da capo ogni giorno. Comprendere ciò 50 anni fa era più facile, comprendere questo oggi è molto più difficile. È un po’ la mia lotta quando lavoro con artisti che hanno davvero una motivazione e che vogliono porsi in maniera organica nel mondo e hanno una grande apertura verso la ricerca e la possibilità di sapere delle cose sul mondo e sulla vita. L’arte è la vita. Oggi, poi, tutto va in fretta, vogliamo raggiungere delle cose che sono illusioni. Se abbiamo molto successo, il successo ci distrugge. Se non abbiamo successo, siamo frustrati. Se si ha poco lavoro si è poveri. Se si ha troppo lavoro non si approfondisce niente. Tutte le cose hanno un aspetto negativo da qualche parte. Bisogna essere veramente alla ricerca di una verità: solo così le cose si mettono a posto e ciascuno ha qualcosa da dire. Non esistono cose più importanti di altre. Non esiste gente che ha più valore o più diritti o meriti. Credere il contrario è credere a una illusione. Parlo in un modo che ai giovani può sembrare utopico ma senza utopia non succede nulla, neanche le cose materiali. L’utopia è ricerca. Bisogna sorpassare certe barriere e accettare il rischio.
Durante il workshop avete anche lavorato sul vantaggio che tecniche posturali e di respirazione possono dare al musicista, grazie alla collaborazione con il metodo “Respiro e Movimento”. Come, il lavoro sul corpo, cambia il modo di suonare?
Non si può fare nulla senza il corpo. Non si può parlare, respirare, vivere, sopravvivere, suonare uno strumento, scrivere, leggere, camminare. Non si può fare nulla. La nostra vita è il nostro corpo e la nostra vita spirituale si sviluppa attraverso il nostro corpo, tramite la nostra esperienza spirituale. Durante il workshop cerchiamo di entrare nella prospettiva che il corpo è tutto. Il corpo è lo strumento, tutto passa attraverso di lui, bisogna conoscerlo, sapere cosa gli succede mentre si suona. Bisogna partire dall’accettazione che il corpo ha una sua saggezza, che bisogna ascoltare. Il primo strumento, il corpo, e il secondo strumento, il piano, devono essere in sintonia mentre si suona. È questa alchimia, che è magica, che è importante. Si può insegnare come mettersi in ascolto, non si può insegnare una tecnica vera e propria, perché ogni corpo è diverso da un altro, ha energie, modi di muoversi e fisicità differenti. Insegnare la tecnica vuol dire insegnare come utilizzare il corpo, che continuamente cambia, perché ogni giorno cambia la percezione del mondo che abbiamo intorno. A livello teorico sembra complicato, ma a livello pratico è molto più semplice. L’umiltà ci permette di crescere, l’ambizione ci fa ristagnare. Poco a poco, bisogna essere umili e mettersi in ascolto.
Prima e durante il workshop ha affiancato alla tecnica pianistica delle riflessioni su letteratura e pensiero filosofico. Ha dato ai ragazzi da leggere libri come Sabbie mobili: L’arte di sopravvivere di Henning Mankell e Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar…
Penso che leggere sia un bel modo per uscire dall’ignoranza, Viviamo in un mondo iperconnesso e globalizzato in cui le persone sono molto sole. Credo che leggere le faccia uscire dalla propria bolla, e apra al pensiero dell’altro. Consiglio sempre dei libri da leggere, a ogni workshop dei libri diversi, così possiamo parlarne e confrontarci.