Non sono molte le opere che hanno per protagonisti dei pittori. A parte Cavaradossi, che è un pittore di fantasia, e che nella “Tosca” di Sardou sarebbe il rampollo di una vecchia famiglia e allievo a Parigi di Jacques-Louis David, ci sono stati Grünewald in “Mathis der Maler” di Hindemith, Van Gogh in “Vincent” di Einojuhani Rautavaara, Lars Hertervig in “Melancholia” di Georg Friedrich Haas.
Nel 2014 si è aggiunta, a questa particolare galleria, anche Frida Kahlo, cui ha dedicato un’opera Kalevi Aho, su un libretto in spagnolo della peruviana Maritza Nuñez. Frida y Diego ha avuto il suo battesimo al Musiikkitalo di Helsinki, con un cast tutto finlandese. Ora è stata presentata la sua versione in russo all’Opera da camera di Mosca (la Pokrovsky Opera), in un nuovo allestimento firmato da dell’estone Arne Mikka (che al Pokrovsky aveva già messo in scena Let’s make an Opera! Di Britten e Pimpinone di Telemann. L’opera, ambientata tra il 1939 (dal viaggio a Parigi di Frida e Diego Rivera, al loro ritorno in Messico) e l’estate del 1940 (dalla separazione alla riconciliazione dei due artisti), raccontava l’amore appassionato, tempestoso, pieno di infedeltà, tra Frida e Diego, la loro complessa relazione artistica, ma intorno a loro circolava una ridda di personaggi storici e immaginari. Frida (Victoria Preobrazhenskaya) si sdoppiava e dialogava con un suo alter ego (Ekaterina Bolshakova), che pareva uscito dal celebre dipinto Le due Frida (questo quadro, nato nel momento del dolore per il divorzio, mostra una Frida vestita di bianco, in un abito dalla foggia occidentale, seduta accanto a una Frida con gli abiti colorati della tradizione messicana: i cuori delle due donne sono visibili e collegati da una vena rossa).
Accanto a lei e a Diego (Igor Vyalykh), l’opera chiamava in causa Lev Trockij (Alexander Polkovnikov), esiliato in Messico, che ebbe una laison amorosa con Frida; la moglie di Trockij, Natalia Sedova (Olga Berezanskaya); David Alfaro Siqueiros (Dmitry Romanko), pittore e muralista messicano, attentatore alla vita di Trotskij; la fotografa italiana Tina Modotti (Tamara Kasumova), che fu anche attiva nella guerra civile spagnola e come spia sovietica; André Breton (Vasily Sokolov) e sua moglie Jacqueline; Cristina Kahlo (Olga Burmistrova), sorella di Frida e amante di Diego; ma anche un personaggio della mitologia messicana, la Catrina (Irina Khruleva), uno scheletro nelle vesti di una signora elegante. Nei quattro atti dell’opera, tutti agivano non solo come singoli personaggi, con le loro vite private e i pensieri più intimi, ma anche come ingranaggi di movimenti sociali e grandi rivolgimenti storici, con discussioni sulla politica, sull’arte, sulla rivoluzione messicana, sul ruolo di Stalin, sulla guerra civile spagnola, su Hitler, sullo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, descrivendo la fitta rete di relazioni tra arte, politica e vita, ma sospesa realtà e sogno, proprio come nei di pinti di Frida.
Il compositore finlandese ha dimostrato al sua abilità di operista, in una partitura dalla concezione molto tradizionale, ma costruita con grande sapienza, con una fitta trama di Leitmotiv, con una magistrale scrittura per l’orchestra (un grande ensemble di 30 elementi) e per le voci. La musica, assai eclettica, mescolava echi di Britten e Shostakovich, elementi di colore latino, citazioni folkloriche messicane (come la Bamba), echi distorti dell’internazionale socialista, ritmi di fox trot, parodie del cabaret berlinese (quando si parlava dell’ascesa di Hitler), sonorità misteriose delle ondes martenot (che accompagnavano lo sdoppiamento di Frida), marce militari, morbide gymnopedies, momenti di ampio lirismo che culminavano nel duetto finale tra Frida e Diego, costruito come una grande curva melodica, carica di sensualità. Tutti questi elementi erano intessuti nella narrazione operistica senza soluzione di continuità, e restituiti con grande verità di colori e piglio ritmico nella direzione di Dmitrij Kryukov.
Un’opera di grandi passioni negli ideali politici e nell’amore, che mescolava tratti carnevaleschi, surreali, parodistici e momenti, lirici e intimi, che raccontava i sogni di Frida, le dolorose memorie del passato, la paura della solitudine, la satira sull’amore, le sue visioni fantastiche e mitologiche. Un’opera di immediata presa sul pubblico, anche per i tratti colorati e carnevaleschi dello spettacolo di Arne Mikka, con il continuo andirivieni di personaggi in scena, Diego che barcollava ubriaco, uomini con maschere colorate, cori di rivoluzionari, artisti alle prese con cornici vuote, scene ispirate a rituali sudamericani, i teschi portati in scena dalla Catrina, i costumi accurati e variopinti, le danze stilizzate.