Il Teatro Verdi di Pisa riparte da Lully: Ipata e Pe a passo di danza con il Re Sole

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Il mal d’amore, tormento d’ogni età e d’ogni epoca. È possibile guarirne? Prova a darci una risposta Jean Baptiste Lully. Grazie a una lodevole iniziativa del Teatro Verdi di Pisa, l’Atelier di Formazione Il Gran Teatro del Mondo e l’ensemble Auser Musici diretto da Carlo Ipata, torna a rivivere L’Amour malade (LWV 8), ballet de cour a dieci entrée scritto da Lully con prologo a quattro voci di Marco Marazzoli (17 gennaio 1657). Ieri sera, 5 dicembre, è stata trasmessa in streaming l’anteprima di questo piccolo gioiello musicale dell’epoca Louis quatorzième, in attesa di poter godere dell’intera produzione nel corso del 2021. In dialogo con alcuni suggestivi momenti performativi, gli interventi di Barbara Nestola, direttrice dell’équipe di ricerca del Centre de Musique Baroque de VersaillesLorenzo Maria Mucci, coordinatore Artistico del Teatro Verdi, Carlo IpataRaffaele Pe, fra i migliori controtenori italiani e per l’occasione preparatore dei giovani cantanti che lo affiancano in questa esperienza.

L’Amour malade è in qualche modo una cartina al tornasole della politica culturale dell’epoca, in quanto operazione costitutivamente ibrida, un pastiche che opportunamente contamina e fonde tradizione musicale italiana – sempre difesa e sponsorizzata dal cardinale Mazzarino (lo stesso che, rientrato a Parigi con i sovrani dopo i tumulti della Fronda, aveva fatto rappresentare Le nozze di Peleo e di Teti di Carlo Caproli, il Xerse e l’Ercole amante di Francesco Cavalli) – con i clichées del credo estetico della corte francese, gravitanti attorno ai gusti e alle voglie del Re Sole e così superbamente incarnati dal fiorentino Giovanni Battista Lulli, all’epoca ventiquattrenne – giunto in Francia pochi anni prima al seguito del Cavaliere di Guisa, Roger de Lorraine, divenuto subito valletto da camera e dal 1653 nominato compositore della musica strumentale del re.

«Del balletto originale sono rimaste alcune fonti», spiega Carlo Ipata, «tra cui i testi declamati e la musica per le danze. Mancava la parte vocale relativa al lungo Prologo in italiano. Durante le mie ricerche sul repertorio cantato da Atto Melani, mi sono imbattuto nella scena di Marazzoli che corrispondeva quasi in toto al libretto del Prologo pubblicato per l’esecuzione del 1657. Successivi approfondimenti hanno confermato che Lully si era impadronito del testo di Marazzoli, aggiungendo le dieci Entrée strumentali, danzate da Luigi XIV stesso e dai suoi notabili».

Proprio l’evirato cantore Atto Melani, in una lettera al Granduca di Toscana, tesse le lodi del diciannovenne sovrano francese, «che balla in maniera che colpisce i cori di ognuno». E fra i vari cortigiani che si cimentarono nei vari pliés e detirés di queste entrées, dall’alto valore cerimoniale e celebrativo, compare anche il commediografo Molière, capo della troupe di attori protetta dal fratello del re, il principe Filippo d’Orléans, uno dei personaggi più affascinanti della storia francese: condottiero e artista, dedito in pari grado al libertinaggio omosessuale e agli affari di Stato.

La trama de L’Amour malade è presto detta. Amore giace a letto, stremato da mille pene. il Tempo, la Ragione e lo Sdegno (tre allegorie dai connotati assai prossimi a quelli dei personaggi della Commedia dell’Arte) vorrebbero, ognuno a modo suo, tentare di curare «l’infermo». Così, al par di incliti medici, a norma della scena manifestano compassione o insofferenza per le bizzarrie del paziente (lo Sdegno proporrà il sicuro rimedio dell’avvelenamento con l’antimonio). Nonostante il senso comune indurrebbe a credere che «gran male per certo è il male d’amore», quando Amore si sveglia è risoluto nel non voler guarire per alcun motivo: vuole rimanere malato, perché «meglio è il male in amor, che altrove il bene». Si tratta di fatto di un’unica grande “scena di pazzia”, in cui Amore ci viene presentato mentre dorme e tornerà a dormire alla fine dell’opera, trovando sollievo solo nella musica.

A interpretare il personaggio di Amore, il controtenore lodigiano Raffaele Pe, leader dell’ensemble La Lira di Orfeo e Premio Abbiati per l’incisione discografica Giulio Cesare. A baroque Hero (Glossa 2018), di recente impegnato in un progetto con la compositrice Silvia Colasanti e che i lettori di Amadeus ricorderanno per il recente disco Concerti sacri con musiche di Alessandro Scarlatti. Il ruolo qui affrontato è per lui fonte di fascinazione: la linea melodica affidata da Marazzoli ad Amore è estremamente virtuosistica, quasi “impazzita”. «Sono davvero felice di intraprendere questo nuovo progetto», commenta Pe, «non solo per l’altissimo valore artistico dell’opera di Marazzoli, ma anche per l’innovativo ambiente artistico creato tra Teatro Verdi di Pisa, Auser Musici e La Lira di Orfeo. Le nostre competenze sono state impiegate a beneficio dei giovani interpreti che si affacciano con trepidazione e serietà al mondo del teatro». Sono il soprano Maria Teresa Becci (Ragione), il tenore Antonio Mandrillo (Sdegno) e il basso Yuri Guerra (Tempo).

Info: teatrodipisa.pi.it/live | ausermusici.org/it

 

Attilio Cantore

 

 

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