L’austero palazzo del MIUR in viale Trastevere a Roma ha ospitato il 26 settembre 2017 una giornata di studi sullo stato e le prospettive della Musicologia in Italia.
L’iniziativa è stata promossa da un composito Comitato di istituzioni, enti, organismi afferenti ai diversi ambiti in cui trova espressione la ricerca musicologica (e l’insegnamento) in Italia: dalla Società Italiana di Musicologia, al Saggiatore musicale, all’Istituto Italiano per la Storia della Musica sino alla Conferenza nazionale dei Direttori dei Conservatori di Musica, con il patrocinio dell’ANVUR (Agenzia nazionale di Valutazione del Sistema universitario e della Ricerca) e dello stesso Ministero ospitante.
La giornata è stata suddivisa in due sessioni dense di interventi e di dibattiti. La parte mattutina è stata moderata da Antonio Caroccia (Conservatorio Cimarosa di Avellino) e introdotta dalle due relazioni di base di Fabrizio della Seta (Dipartimento di Musicologia e Beni culturali dell’Università di Pavia) e Guido Salvetti (Società Italiana di Musicologia), con i brevi interventi di Angela D’Onghia, Sottosegretaria di Stato del MIUR, di Elena Ferrara (VII Commissione Cultura del Senato) e della dott.ssa Caiazza in rappresentanza della Direzione generale per lo Sudente, lo Sviluppo e l’Internazionalizzazione della Formazione superiore del MIUR.
Un dibattito particolarmente vivace è stato stimolato dai contributi di Andrea Graziosi, Presidente dell’ANVUR e di Maria Luisa Meneghetti membro dell’ANVUR (assenti invece i rappresentanti del MIBACT, del CNR e i vertici del MIUR). Nella sessione pomeridiana, moderata da Lorenzo Bianconi (Saggiatore musicale) si sono susseguiti nove interventi di musicologi provenienti da Università e Conservatori italiani, che hanno tratteggiato risultati e criticità nei principali campi di azione della ricerca musicologica, dai dottorati di ricerca (Gialdroni) e i diplomi di formazione alla ricerca nell’AFAM (Fabris) alla Pedagogia musicale e didattica della musica nell’Università (La Face) e nell’AFAM (Giuliani), agli Istituti e centri di ricerca (Bernardoni) e le edizioni critiche (Piperno), alla ricerca etnomusicologica (Adamo), organologica (Meucci) e i beni musicali (Pompilio).
Si è trattato, dunque, di una sorta di Stati Generali della Musicologia italiana, all’insegna di una ormai irrinunciabile sinergia di intenti da parte di Università, AFAM, enti e associazioni di categoria per sostenere lo sviluppo di una disciplina in grave difficoltà in Italia. Nonostante la riconosciuta qualità dei suoi prodotti di ricerca, la Musicologia è sempre meno sorretta da sovvenzioni statali di MIUR e MIBACT, diventate ormai irrisorie. Impietoso il confronto dei finanziamenti in particolare con la Germania, dove, ad esempio, la Deutsche Forschungsgemeinschaft tedesca destina alle edizioni critiche di compositori nazionali ben 6 milioni di euro. Del resto, la Musicologia, nelle sue declinazioni disciplinari storico-filologiche, pedagogiche e demoetnoantropologiche, fatica a farsi recepire dall’opinione pubblica come fattore indispensabile alla buona fisiologia della vita musicale e culturale di un Paese pur ricco di tradizione musicale come l’Italia.
Come è stato sottolineato dai relatori, non vi è, nei diversi livelli delle responsabilità politiche e amministrative, una sufficiente consapevolezza della distinzione concettuale tra Musicologia e Musica, e della utilità del ruolo che la Musicologia svolge nel sistema della cultura nazionale e internazionale. A dirla tutta, non vi è neppure una consapevolezza diffusa del valore culturale e formativo della musica, percepita dai più come mero trastullo per l’anima.
La scarsezza di finanziamenti alla ricerca riguarda in realtà tutte le discipline umanistiche.
Il focus sull‘ ‘innovazione digitale’, requisito ormai decisivo per l’accesso ai finanziamenti, anche a livello internazionale, penalizza fortemente progetti di ricerca la cui natura epistemologica e operativa non è riconducibile in toto a tale categoria. La musicologia italiana, tuttavia, sembra soffrirne in misura maggiore, come dimostrano, ad esempio, la sua esclusione negli ultimi anni dai grandi programmi nazionali di ricerca (PRIN, FIRB ecc.), la riduzione dei dottorati di ricerca, sempre meno specialistici, la generale perdita di una precisa fisionomia accademica stravolta da illogici accorpamenti fra discipline e dipartimenti, la difficile sopravvivenza delle edizioni critiche e dell’editoria musicale, lo scarso rilievo dato ai beni musicali.
Per tacere, aggiungiamo noi, dell’assenza di iniziative destinate all’internazionalizzazione della ricerca per attrarre musicologi stranieri, borse di ricerca di cui, per altro verso, godono nelle università europee diversi ricercatori italiani ‘non strutturati’, altrimenti esclusi da ogni possibilità di dedicarsi a progetti di ampio respiro in patria.
Ancora più complessa è la situazione della ricerca musicologica in ambito AFAM, che, pur svolta ottimamente da singoli docenti, stenta a trovare un ruolo istituzionalmente definito. Sull’AFAM pesa la mancata realizzazione della Riforma prevista dalla Legge 508, i vuoti legislativi e istituzionali (si pensi al CNAM, mai più rinnovato) o al ginepraio normativo che sembra bloccare ogni iniziativa sensata, compreso l’indispensabile rinnovo del sistema di reclutamento e l’introduzione della valutazione dei docenti. Ne sono specchio i mai avviati diplomi accademici di formazione alla ricerca nell’AFAM, il cosiddetto terzo livello di formazione, a fronte di una artistic research che, come ha sottolineato Dinko Fabris, ha una storia internazionale ormai ventennale.
Non meraviglia, dunque, che, preso atto di una situazione tanto preoccupante quanto ben nota, l’assemblea abbia espresso una mozione unitaria rivolta a MIUR, MIBACT, Parlamento, CNR, ANVUR, che sarà perfezionata e trasmessa prossimamente, in cui si chiede di intervenire ciascuno rispetto alle proprie competenze sui tanti vulnera che mettono a rischio la sopravvivenza in sé dell’intero campo disciplinare.
Con la speranza che se anche solo una parte delle richieste fosse accolta, ne possa scaturire una rigenerazione complessiva del sistema che apra spazi di ricerca adeguati a musicologi talentuosi e appassionati.