«È stata un’esperienza meravigliosa suonare in un bosco, inoltre popolato da abeti di risonanza, la materia prima per la costruzione di strumenti musicali, ad arco in particolare. Non mi era mai successo finora. Questa esperienza la ripeterei volentieri». Così Giovanni Andrea Zanon al termine di un’esecuzione impeccabile del Concerto per violino ed orchestra n. 5 in la maggiore K 219 di Mozart. «Uno dei miei preferiti». Il concerto ha avuto luogo il 17 giugno scorso in Val Saisera, una meravigliosa località del Friuli Venezia Giulia nel comune di Malborghetto – Valbruna, dove si è tenuta la seconda edizione del festival Risonanze. Con lui l’Accademia d’Archi Arrigoni, una scuola di perfezionamento per giovani strumentisti ad arco e al tempo stesso un’orchestra che si sta facendo apprezzare sempre più in Italia e all’estero, preparata dal violinista e didatta, raro, sensibile e attento, Domenico Mason. Bacchetta affidata alla perita direzione di Massimo Raccanelli Zaborra, giovane violoncellista e direttore che vanta collaborazioni con tante e importanti realtà, come la Venice Baroque Orchestra.
Il concerto mozartiano è stato anticipato da due Sinfonie del genio salisburghese, due opere che affiancate hanno reso ben evidente la sua evoluzione nel trattamento orchestrale, a partire dalla Sinfonia n. 1 in mi bemolle maggiore K 16, composta a soli otto anni, seguita dalla Sinfonia n. 29 in la maggiore K 201, con Mozart appena maggiorenne. Se nella prima è evidente il gusto italiano, appreso in particolare dalle frequentazioni del “milanese” Johann Christian Bach, così chiamato per i suoi frequenti soggiorni nella città lombarda, nella seconda invece è pregnante il gusto tedesco ispirato a Haydn che conoscerà di persona dieci anni dopo. L’affiatamento dell’orchestra è stato evidente e pur l’apparente semplicità della prima Sinfonia, gli insiemi hanno saputo esaltarne le sfumature di invenzione e modulazione, melodiche e armoniche, per temi ormai immortali che paiono esistere da sempre per la loro spontaneità. Chiarezza espressiva dall’attacco al Rondò finale, fresco e brillante.
Il pubblico, assai numeroso disteso sui larghi prati della Val Saisera, ha dimostrato di apprezzare grandemente l’esecuzione, esaltata dal luogo incantato, silvano, per un’esperienza multisensoriale. Così per la Sinfonia n. 29, dove il carattere romantico e a tratti struggente del sinfonismo maturo mozartiano, si è scandito in quattro movimenti dalla forte espressività, in particolare l’Andante e il Minuetto che l’Accademia Arrigoni ha esaltato con agogiche e dinamiche sensibilmente accurate.
È poi seguita l’attesissima entrata di Giovanni Andrea Zanon, punta di diamante del violinismo internazionale, nonostante la sua giovane età, 19 anni. Un palmares senza eguali, la presenza ormai costante nei cartelloni concertistici delle sale più prestigiose al mondo, il tutto detto senza retorica. Come lui, antiretorico e umile per natura, le cui mani e orecchie felicissime, rarissime, donano esecuzioni pari solo – e forse – ai grandi della storia interpretativa dedicata al violino.
Da un Guadagnini del 1744 ha saputo incarnare il Mozart del quinto ed ultimo suo concerto per violino, scritto si presuppone per l’italiano Antonio Brunetti, primo violino dell’orchestra dell’Arcivescovo Colloredo. Opera meravigliosa e ambigua già a partire dall’introduzione, cui segue l’apparizione inattesa del solista, un Adagio lirico che Zanon ha saputo materializzare con un tocco, un’intonazione, un fraseggio commoventi, incredibili se non si fosse lì ad ascoltarlo. E così tutto è stato, compresa la meravigliosa cadenza – ha scelto quella solare e pur complessa di Franco Gulli – e il secondo tempo – il sostitutivo Adagio K261 che Mozart scrisse come alternativa al primo che si dice non piacque a Brunetti. Infine il Rondò, tempo di Minuetto, le cui bizzarrie Zanon ha dominato come ogni singola nota dell’opera, con quella freschezza, spontaneità e genio inequivocabile, che il pubblico estasiato ha colto d’immediato e restituito con applausi senza fine.