Volano alte le ali della musica con Erica Piccotti e Monica Cattarossi allo Squero dell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Se riuscite a non farvi distrarre dallo spettacolo che l’Auditorium “Lo Squero” offre alla vista dello spettatore attraverso il fondale trasparente sul mare della laguna, il merito non è vostro, ma dell’artista, che in questo caso è una diciassettenne romana che usa il violoncello con la padronanza di un musicista di ben più collaudata esperienza.
L’occasione di essere qui allo “Squero” con un numerosissimo pubblico è offerta dall’Associazione Musica con le Ali, nata per iniziativa dell’industriale e mecenate Carlo Hruby, con l’obbiettivo di far conoscere, al pubblico e agli operatori del settore, giovani interpreti particolarmente meritevoli d’attenzione. Oggi è la volta della violoncellista (diciassettenne romana, come si è detto) Erica Piccotti, che si presenta con un programma tanto raffinato quanto impegnativo.
Con un fondale luminoso e in continuo divenire, come quello di cui gode lo spettatore qui allo Squero chi, come noi, ha il compito di dover tradurre in parole le proprie emozioni, non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di usare un paragone in sintonia con l’elemento che ci circonda, il mare. Infatti, se possiamo affermare con sicurezza che raramente si dà il caso che qualcuno vi si butti senza saper nuotare, è altrettanto vero che nessun violoncellista, metterebbe in programma la Seconda sonata op. 99 di Brahms, Phantasiestücke op.73 di Schumann, Adagio con variazioni di Respighi e Suite Italienne di Stravinskij (nella versione per violoncello e pianoforte) senza possedere adeguate capacità tecniche ed espressive e senza un partner affidabile e con la collaudata esperienza pianistica di Monica Cattarossi.
Erica e Monica, fin dalle prime battute della Sonata n. 2 di Brahms, hanno saputo immergersi nel clima di vigorosa passione e di continua pressione propulsiva dei due temi su cui si sviluppa l’intero movimento. L’interprete è chiamato a mettere alla prova tutte le proprie capacità tecniche, ma soprattutto espressive. Il risultato, confermato anche da tutto quello che è seguito (particolarmente impressionante il superamento in scioltezza di tutti gli ostacoli tecnici, ma non solo, di cui sono disseminati i brani di Schumann e di Stravinskij), è che facevamo fatica a mettere d’accordo quello che i nostri occhi vedevano: la diafana figura di questa diciassettenne dai lineamenti rinascimentali e con un fisico adatto ai ritmi di una discoteca, sullo sfondo luminoso della laguna, con quello che percepivano le nostre orecchie: il suono pieno e profondo del violoncello, il trasporto, il vigore e la sensualità con cui l’interprete ci offriva anni di studio, di sacrifici e di rinunce. Qui l’artista, complice la voce umana dello strumento, soprattutto in Brahms, rischia di esporsi a una sorta di confessione; è come se mettesse a nudo i segreti recessi del proprio animo. Se l’avesse sentita Tolstoj forse avrebbe trovato qualcosa da ridire su questa sonata di Brahms, come fece per la Kreutzer di Beethoven.
Tutto questo il pubblico ha saputo capire e apprezzare, tributando calorosi applausi, ricambiati da un bis di Manuel de Falla. Erica Piccotti ha ringraziato visibilmente commossa ed emozionata; nei suoi occhi si leggeva tutta la felicità di chi sa di aver raggiunto un non facile traguardo, negli occhi del pubblico lo stupore per aver avuto il privilegio di aver ascoltato un’artista cui non mancano le ali per affrontare un luminoso avvenire.
Foto di copertina: Erica Piccotti © Foto di Laure Jacquemin