Il genio di Buster Keaton e il fenomeno Timothy Brock

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Timothy Brock non ha bisogno di presentazioni. La determinazione con cui il compositore americano si è imposto negli ultimi anni sulla scena internazionale è stata tale da associare inscindibilmente la sua musica all’opera di cineasti della statura di Chaplin, Keaton, Murnau. Ciò ha fatto della sua figura un punto di riferimento ineludibile nel campo della musica per film, in particolare per produzioni musicali e cinematografiche rivolte all’era del muto.

Ne discende l’assoluta centralità che Brock ha guadagnato nella sempre più ambiziosa programmazione musicale del Festival Il Cinema Ritrovato. Festival che nell’edizione in corso ha visto il suo coinvolgimento in due pellicole di altissimo valore: La Roue (1923) di Abel Glance e Steamboat Bill Jr. di Buster Keaton e Charles Reisner (1928). Del primo film, al centro di un monumentale progetto di restauro della Fondation Seydoux-Pathé che include la ricostruzione delle musiche originali di Arthur Honegger, è stato presentato in anteprima al pubblico del Cinema Ritrovato il magnifico Prologo, della durata di 20 minuti.

Per il secondo film, Brock ha riproposto una musica originale da lui composta quindici anni or sono su commissione dell’Orchestra Sinfonica di Berna. La nuova versione del film, frutto di un restauro della Cohen Film Collection del 2014, ha richiesto nondimeno un complesso adattamento di quella musica.

La partitura di Brock per Steamboat Bill Jr. (Io e il ciclone, USA, 1928) è un autentico gioiello, tra le prove più brillanti e riuscite di “rimusicazione” di un film muto. La potremmo definire un campionario dell’ironia in musica, un ricco inventario di soluzioni musicali umoristiche: in partitura abbondano gesti musicali iconici dal chiaro intento illustrativo, nello spirito della slapstick comedy; e poi ancora si odono inflessioni armoniche caricaturali, contrattempi ritmici, distorsioni timbriche. Una fiera dell’umorismo in musica, insomma, ottenuta con gesti puntuali come glissati, frullati, ribattuti, acciaccature, o con il ricorso a combinazioni timbriche esilaranti che rievocano i topoi dei generi d’intrattenimento, dalle musiche di strada alla musica da circo.

Non ci si lasci ingannare tuttavia dalla seducente superficie di questa partitura. La musica di Brock parla l’idioma della musica anni Venti con la naturalezza di un madrelingua, ne conosce tutti gli stereotipi e i modi di dire, ma non si limita alla replica di un modello. La sua vera ragione d’interesse risiede nella capacità di dissimulare sotto una veste familiare e “autentica” una ideazione musicale in tutto e per tutto originale. Dopo aver fatto l’orecchio a un linguaggio che è pienamente a suo agio tra marce di rullante e piatti, goffi ottoni gravi, trombe con sordina, percussioni woodblock ecc., si sarà pronti a riconoscere l’elemento di novità di questa musica, il punto in cui essa, deviando dal modello, spiazza le nostre attese. Ci accorgeremo allora che le sue inflessioni armoniche non sono familiari, i gesti ritmici non realmente prevedibili, i profili melodici tutt’altro che scontati. Come se un parlante dissimulasse sotto una fonetica familiare dei vocaboli che non sono di quella lingua.

L’elemento di originalità emerge in particolare nella brillante invenzione tematica: la partitura si compone di un seguito di idee tematiche molto differenziate, giustapposte in modo da assecondare la composizione collagistica della banda visiva. Ciascun tema assume per lo più una funzione leitmotivica propria, associandosi di volta in volta ai momenti umoristici, lirici, malinconici, e talora persino drammatici, della vicenda narrata. La dosata combinazione di umorismo e malinconia sintetizza come meglio non si potrebbe lo spirito di questo film e, più in generale, dell’arte keatoniana.

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