Il Fondo Scalero riunito presso l’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte

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Violinista, compositore, docente, Rosario Scalero (1870-1954) è stato uno dei grandi musicisti italiani a cavallo tra i due secoli. Compositore stimato da Sgambati e Toscanini e  pubblicato da Breitkopf & Härtel, trovò grande successo in America, dove venne nominato docente di composizione prima alla Mannes School di New York e infine al Curtis Institute di Philadelphia.

Dal settembre 2019 il ricco fondo del compositore si trova finalmente unito in Italia, presso l’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, a Saluzzo. Ne parlo con il musicologo Alberto Basso, fondatore dell’Istituto e tra i protagonisti di questa acquisizione.

Il percorso di unificazione del fondo è stato piuttosto complesso. Come si è svolto?

Ci sono voluti oltre dieci anni. La prima parte arrivò nel 2004 grazie a una nipote che la lasciò in deposito all’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte. Tutto quel materiale arrivava dal Castello di Montestrutto, nel canavese, acquistato nel ’29 da Scalero durante uno dei suoi rientri italiani. Dopo questo primo deposito abbiamo saputo dell’esistenza di un’altra parte dell’archivio, conservato dai figli di una figlia di Scalero, Maria Teresa. Quest’ultima parte è arrivata a settembre, con la donazione del fondo integrale “Monique de Ruette Arnoldi”. Ora all’Istituto siamo i proprietari del fondo intero.

Monique de Ruette Arnoldi in primo piano con i figli Maxime e Dominque Arnoldi

 

Rosario Scalero, però, è un nome decisamente poco noto e non solo al grande pubblico.

Già, purtroppo in Italia non è così conosciuto, ma lo è assai negli Stati Uniti. Si può dire infatti che la scuola americana si sia in gran parte formata dietro al suo insegnamento, prima alla Mannes School di New York dal ’19 al ’24 e poi fino al ’45 al Curtis Institute. Lì sono passati molti grandi allievi, tra cui anche gli italiani Menotti e Rota, oppure Samuel Barber, che era tra l’altro molto legato a Menotti. Molti documenti che abbiamo, infatti, sono firmati da Barber e Menotti insieme. Ma tra i suoi allievi ci furono anche Virgil Thomson e Lukas Foss, quindi nomi di grande rilievo nella vita musicale americana. Nei dizionari statunitensi Scalero lo si trova sovente citato come maestro di composizione, anche se aveva cominciato la sua carriera come violinista. Una carriera anche di un certo livello, svolta soprattutto in Francia, Austria, Germania e Inghilterra. Poi si dedicò sempre più alla composizione, dopo gli studi a Torino e a Vienna, e le sue opere venivano pubblicate da Breitkopf con un contratto veramente sontuoso.

Perché l’acquisizione del Fondo è importante?

Per la vastità del materiale, di sicuro. Nell’archivio abbiamo tutte le composizioni, i manoscritti e gli abbozzi. Altro elemento assai importante sono gli appunti per le lezioni di composizione. Scalero aveva intenzione di scrivere un trattato di composizione, idea poi abbandonata, ma intanto conservò interi faldoni di sue lezioni, che avevano anche un carattere storico: si va dai pre-greci ai contemporanei, con esempi di orchestrazione tratti da Beethoven, Brahms, Wagner.

Di straordinario, nell’archivio, è anche un lotto di lettere: all’incirca 2300, di cui oltre 800 alla famiglia, specialmente alla prima moglie, morta nel ’39. Indirizzate a lei troviamo più di 400 lettere, molto lunghe, spesso scritte dagli Stati Uniti e a distanza di pochi giorni l’una dall’altra. Attraverso queste è possibile ricostruire molto della vita musicale americana e dei suoi allievi, dai quali abbiamo centinaia di lettere. Solo da Menotti ce ne sono più di 40. Scalero, inoltre, fu fondatore della Società del Quartetto di Roma, fino a quando lo scoppio della Prima Guerra Mondiale non ne interruppe le attività. Di questa abbiamo tutti i programmi dei concerti e tutte le recensioni, che Scalero raccoglieva con attenzione. Ci sono poi numerose fotografie, più di 400, e un gran numero di documenti personali e ufficiali. Insomma, è un fondo che vale davvero la pena valorizzare e anche per questo 11 e 12 giugno 2020 terremo al Conservatorio di Torino un convegno dedicato a Scalero che ho intitolato “Un Maestro tra i due mondi”, con l’ovvio riferimento a Menotti.

Questa acquisizione mi sembra faccia parte anche di una riscoperta e di una rivalutazione del Primo Novecento italiano.

Certamente. Questo periodo storico è stato messo un po’ da parte dalle generazioni successive, dodecafoniche e post dodecafoniche, che non si sono interessate a questo altrimenti assai importante fenomeno. Noi stessi abbiamo ricondotto tutta la storia della musica italiana degli ultimi tempi al solo teatro, ma non è così: Scalero e i suoi allievi testimoniano altro. Certo, Menotti e Rota hanno composto molto per il teatro, come ben sappiamo, ma anche in questo loro aspetto alla fine si sono sempre portati dietro l’impronta di Rosario Scalero.

Immagine di copertina: Rosario Scalero, Gian Carlo Menotti, Samuel Barber, Nino Rota e un’allieva a Montastrutto (Archivio Scalero)

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