L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati celebra mezzo secolo di attività. Sono passati 50 anni dalla sua fondazione, avvenuta nel giugno del 1969 per merito dello storico Alain Daniélou, anni durante i quali l’Istituto, la cui storia è legata a quella della Fondazione Cini di Venezia, dove ha sede, in modo indissolubile, è diventato una roccaforte della ricerca etnomusicologica e della diffusione di idee e ricerche.
Abbiamo intervistato il Direttore, Giovanni Giuriati, che ci ha raccontato cosa rappresenta, oggi, l’Istituto, l’impegno costante, gli eventi organizzati per questo anniversario e qualche riflessione sul futuro.
Il 23 giugno si celebrano i 50 anni dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati: che cosa ha rappresentato questa realtà nel suo primo mezzo secolo di storia, in Italia e all’estero?
L’IISMC ha rappresentato per cinquant’anni, fin dalla sua fondazione, un punto di riferimento per la diffusione della conoscenza delle musiche del mondo, soprattutto delle tradizioni d’arte dell’Oriente, in Europa. Questo era uno degli scopi principali del suo fondatore, Alain Daniélou, fin da quando, nel luglio 1969, creò a Venezia l’IISMC, ospitato dalla Fondazione Giorgio Cini. La pubblicazione di una collana di LP, Musical Atlas, promossa dall’Unesco, la costituzione di un gruppo di coordinamento per promuovere artisti extra-europei nei festival, l’organizzazione di concerti di grandi musicisti, soprattutto indiani, a Venezia furono le prime attività. A queste seguì la fondazione della Scuola Interculturale di Musica nel 1979, sotto la direzione di Ivan Vandor, con la quale l’Istituto diede avvio a corsi teorico-pratici sulle diverse tradizioni musicali e coreutiche del mondo, con particolare attenzione all’India. In una ideale continuità nascono anche nei primi anni Novanta sotto la direzione di Francesco Giannattasio i Seminari Internazionali di etnomusicologia che hanno portato a Venezia molti tra i più autorevoli esponenti della disciplina e hanno prodotto diverse importanti pubblicazioni. Direi che l’IISMC ha rappresentato un luogo unico ed essenziale per la formazione dei ricercatori italiani e per la promozione della conoscenza nel nostro paese di tradizioni musicali provenienti dalle più diverse culture. Anche a livello internazionale l’IISMC è conosciuto e considerato un accreditato punto di riferimento per la riflessione e la promozione di uno studio comparato delle diverse tradizioni musicali.
Sull’Isola di San Giorgio non mancano mai le iniziative. In particolare, quali saranno quest’anno quelle che celebreranno l’importante traguardo dell’Istituto?
Quest’anno proprio per celebrare questa importante ricorrenza, che è doppia, dato che vent’anni fa, nel 1999, l’IISMC è entrato a far parte a pieno titolo degli Istituti della Fondazione Giorgio Cini, abbiamo pensato a una programmazione che fosse rappresentativa del percorso dell’Istituto e che potesse coniugare i diversi ambiti di cui si occupa. Abbiamo iniziato con un concerto nella stupenda cornice della Basilica di San Giorgio Maggiore, dedicato ai Canti sacri d’Istanbul, in cui il Maestro Erguner ha guidato un gruppo di nostri ex-borsisti del progetto Birun giunto ormai all’ottavo anno, nell’esecuzione di musiche legate alla sfera del sacro provenienti da diverse tradizioni religiose presenti nella cosmopolita Istanbul del periodo Ottomano: insieme a canti del sufismo sono stati eseguiti canti della tradizione greca, armena, ebraica, araba.
Proseguiremo alla fine di maggio con un convegno internazionale dedicato proprio all’intreccio tra i modi in cui è stata “scoperta” nel dopoguerra la musica del mondo in Europa e la storia dell’IISMC al quale parteciperanno etnomusicologi, storici, antropologi, musicologi e a cui saranno presenti, a marcare una ideale continuità, l’Assistente alla direzione dei primi anni, Jacques Cloarec, e i direttori che mi hanno preceduto, Ivan Vandor e Francesco Giannattasio. Il convegno, organizzato in collaborazione con lo Humboldt Forum für Kultur di Berlino, intende riflettere sul ruolo che diversi attori e istituzioni hanno avuto nel modo in cui è stata promossa la conoscenza delle musiche extraeuropee nel nostro continente, tenendo presente il particolare clima politico, segnato dalla Guerra Fredda, la nascita delle organizzazioni internazionali come l’Unesco, e il dibattito culturale e musicale degli anni Sessanta e Settanta. In occasione del convegno celebreremo anche la presenza continua dell’India a Venezia con un concerto del flautista Rakesh Chaurasia.
Giunge al secondo anno anche il progetto Sguardi Musicali, dedicato alla formazione nel campo dell’etnomusicologia visiva che si articola nell’assegnazione di una borsa intitolata a Diego Carpitella, intesa come contributo per la realizzazione di un documentario a carattere etnomusicologico finanziato sulla base di un progetto presentato da giovani ricercatori; nell’organizzazione di un laboratorio di formazione a giugno al quale possono partecipare dieci giovani a cui vengono assegnate borse di studio; nell’organizzazione di un ciclo di proiezioni a novembre nell’ambito del quale viene presentato al pubblico il filmato realizzato grazie alla Borsa Carpitella dell’anno precedente.
Avremo infine in autunno un’importante serie di spettacoli dedicati alle danze contemporanee dell’Oriente, per rimarcare l’attenzione che il nostro Istituto ha sempre dedicato anche agli aspetti coreutici, con la presenza del grande coreografo e danzatore indonesiano Sardono W.Kusumo, con il ritorno di Cho Yong-Min, danzatore coreano che prosegue la sua esplorazione tra colore e movimento, e con le danze femminili giapponesi del gruppo Amatsu.
Assieme a questa attività annuale proseguirà anche la nostra collana “Intersezioni Musicali” che pubblichiamo in collaborazione con l’Editore Nota di Udine (è appena uscito un CD-book sui Nefes delle confraternite Baktashi di Istanbul e dei Balcani), le pubblicazioni sulla nostra playlist sul canale YouTube della Fondazione (ormai giunta a quasi 500.000 visualizzazioni), e l’ampliamento e la risistemazione del nostro importante archivio.
Come si inserisce nelle attività dell’Istituto il progetto di digitalizzazione dei fondi portato avanti da ARCHiVE?
Il progetto di digitalizzazione dei fondi e più in generale i progetti di ARCHiVE sono molto importanti per noi e collaboriamo su diversi fronti. Innanzitutto ci avvaliamo delle loro competenze e risorse tecniche per il lavoro di digitalizzazione del nostro archivio, sia attraverso le scansioni con il sistema Replica dell’Università di Losanna, sia attraverso un laboratorio audio che ora, anche grazie a una convenzione con l’Università di Padova, garantisce una più ampia copertura dei formati audio da digitalizzare, in particolare le bobine di nastri magnetici. Collaboriamo con loro anche sul piano della formazione, in particolare con il nostro progetto ‘Sguardi musicali’ sull’etnomusicologia visiva per cui si pensa di estendere il nostro workshop annuale rivolto, con borse di studio, a ricercatori e dottorandi in etnomusicologia, anche al personale interno della Cini e delle istituzioni culturali del territorio veneziano. Anche sul piano editoriale stiamo sviluppando delle soluzioni innovative per l’uso di materiali multimediali per le nostre pubblicazioni on-line. Infine la collaborazione con ARCHiVE è per noi preziosa anche per il loro lavoro di recupero di materiale storico del nostro Istituto che viene man mano “riscoperto” tra i vari archivi storici della Cini, e digitalizzato. Si tratta, più in generale di una nuova risorsa molto importante per noi e con grandi potenzialità di sviluppo e di progetti di collaborazione.
Presso l’Istituto, ampio spazio e supporto è dato a formazione e ricerca: quanto è importante oggi aiutare le nuove generazioni nella costruzione di un percorso accademico e professionale di livello?
Credo che sia importante poter fornire dei luoghi dove giovani ricercatori riescano ad approfondire la loro formazione che avviene solitamente in ambito universitario, attraverso proposte che costituiscano un complemento e un approfondimento dei temi da loro affrontati nei loro ambiti formativi. Sia che si tratti di seminari scientifici, che di momenti di perfezionamento musicale e performativo, che di workshops didattici, che di borse di ricerca. Credo che ciò sia molto importante oggi, in un momento in cui la formazione si deve misurare con una forte competizione e trovare sbocchi anche in ambito europeo e internazionale. Un altro impegno che abbiamo è quello di cercare di promuovere le tante ricerche che gli studiosi italiani compiono in diverse parti del mondo organizzando eventi in cui l’aspetto spettacolare di qualità sia sempre abbinato a un momento di riflessione scientifica, cercando di organizzare tali eventi in collaborazione con l’Università di Venezia proprio per coinvolgere il più possibile studenti e nuove generazioni in queste attività.
Uno sguardo al futuro: come vede l’inizio del prossimo “mezzo secolo” dell’Istituto? Quali sono obiettivi, speranze e considerazioni al riguardo?
Speriamo di poter continuare e sviluppare nei prossimi anni il lavoro avviato cercando di combinare i diversi aspetti delle nostre attività: la formazione avanzata, la riflessione scientifica, gli eventi spettacolari, le pubblicazioni, la costituzione di un archivio, cercando di contribuire per quanto possibile a una riflessione sul ruolo che la musica svolge nella nostra società in continuo cambiamento, in una prospettiva globale, interculturale e comparata, come dal titolo del nostro Istituto, consapevoli che oggi è sempre più importante sviluppare una conoscenza delle culture e delle musiche che esse producono, con la convinzione che proprio la conoscenza sia essenziale allo sviluppo di un dialogo e di una reciproca comprensione di cui oggi c’è molto bisogno.
Immagine di copertina Ph. Matteo De Fina per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini