Sfogliando il nuovo programma dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Cini, è possibile leggere chiaramente quelli che sono i capisaldi della realtà: ricerca scientifica, didattica e divulgazione al grande pubblico. Inoltre, dalla sede di Venezia, l’Istituto non solo abbraccia le culture musicali altre, ma anche approfondisce studi su alcune delle caratteristiche peculiari, una su tutte la ritualità. Inoltre, la programmazione non disdegna il lato prettamente tecnico, come per quanto concerne l’universo audiovisivo, e il supporto ai ricercatori di talento, più giovani e meno noti.
È lo stesso Direttore, Giovanni Giuriati, a spiegarmi nel dettaglio i punti cardine di un programma pressoché infinito, iniziando da quegli sguardi che abbracciano le tradizioni musicali più diverse, seguendo un filone squisitamente etnomusicologico:
«Spiccano il Seminario internazionale di etnomusicologia, il progetto Birun sulla musica classica ottomana, evento complesso che prevede un momento di riflessione scientifica organizzato dall’Università in collaborazione con noi, un seminario intensivo di una settimana con borse di studio per giovani musicisti su musiche inedite o poco note della tradizione cosmopolita ottomana, un concerto pubblico e la produzione di un cd nell’ambito della nostra collana “Intersezioni Musicali” pubblicata in collaborazione con l’editore Nota. Il progetto Birun riassume le nostre linee principali, compresa la collaborazione istituzionale, innanzitutto con l’Università di Venezia e l’insegnamento di Etnomusicologia tenuto da Giovanni De Zorzi e poi, da quest’anno in un consorzio con il Conservatorio di Rotterdam, noto per la sua attenzione alle “Musiche del Mondo” e il Conservatorio della Istanbul Technical University.»
Accanto all’attenzione e per le musiche provenienti da oltre confine, non è da poi da lasciare in disparte un altro ambito affrontato nel programma dell’Istituto. Come sottolinea lo stesso Direttore, un altro ciclo fondamentale è infatti quello dedicato a “Musica e rito”, con un focus particolare su Malawi e Balcani e, dettaglio non trascurabile, l’apporto di studiosi italiani alla ricerca.
«Vengono presentate musiche e riti delle diverse tradizioni del mondo, spesso per la prima volta in Italia, frutto delle ricerche di studiosi italiani. Anche in questo caso, il momento spettacolare è affiancato da un incontro di riflessione scientifica. Quest’anno sarà la volta di danze rituali del Malawi, oggetto di studio da parte di Giorgio Adamo e Moya Malamusi. In collaborazione con la Harvard University avremo poi una giornata di studi e un concerto a cura di Nicola Scaldaferri dedicate al canto epico dei Balcani. Anche in questo caso si prevede di trarre un dvd da questo evento. E, ancora, un nuovo progetto, quello di “Sguardi musicali” sull’etnomusicologia visiva.»
Per l’appunto, un altro importante tassello nel mosaico costruito dal programma, è quello dedicato all’etnomusicologia visiva: la documentazione audiovisiva, in antropologia culturale tanto quanto nell’etnomusicologia, assume infatti un ruolo centrale nella documentazione scientifica.
«Questo nuovo progetto intende evidenziare il ruolo sempre più importante che la documentazione audiovisiva riveste in etnomusicologia e nella documentazione delle musiche. Ormai la documentazione etnomusicale avviene prevalentemente attraverso il mezzo audiovisivo, mentre la registrazione audio è sempre più marginale. Inoltre, la tecnologia avanza in maniera rapidissima rendendo obsolete attrezzature solo pochi anni prima all’avanguardia. In questo quadro, al di là dei numerosi festival, ci è sembrato che la parte riguardante la formazione e la promozione della ricerca rivolta ai giovani fosse carente. Per questo motivo abbiamo attivato, grazie al supporto della Fondazione di Venezia, una borsa di studi intitolata “Borsa Carpitella”, in memoria dello studioso che forse più ha fatto per promuovere l’etnomusicologia visiva in Italia, fin da quando riprese nel 1960 i rituali del tarantismo salentino. La borsa di studio consiste in un finanziamento di 5.000 Euro per la realizzazione di un prodotto audiovisivo da proiettarsi alla Cini l’anno successivo al finanziamento.»
Accanto alla borsa di studio, viene organizzato anche un workshop intensivo riservato a 10 ricercatori e quest’anno dedicato proprio a “La documentazione audiovisiva nella ricerca sul campo”, tenuto da Marco Lutzu e Simone Tarsitani, in collaborazione con l’Università britannica di Durham. Il workshop è strettamente legato al concerto della cantante indiana Sunanda Sharma, che i ricercatori partecipanti potranno documentare. Il coinvolgimento e supporto dei giovani ricercatori è infatti imprescindibile per chi promuove la cultura scientifica e lo dimostrano tutte le iniziative, incluse in un progetto dal nome “Sguardi Musicali”.
«Penso sia soprattutto il supporto in itinere ai borsisti, un importante e concreto aiuto in tutte le fasi del processo creativo: dalla proposta del progetto, alla consulenza in fase di creazione, alla realizzazione finale di un prodotto, fin alla promozione del ricercatore stesso e della sua ricerca. Inoltre, come per il progetto Birun, i destinatari dell’iniziativa sono giovani musicisti, ricercatori, studiosi, cineasti, antropologi e ovviamente etnomusicologi semiprofessionisti, persone di talento non ancora troppo affermate.»
Una piccola nota: i bandi per queste due iniziative si trovano nella pagina sul Centro Branca del sito della Fondazione Giorgio Cini.
Studiosi e ricercatori a parte, una domanda può sorgere spontanea: quali sono le difficoltà nell’organizzazione e divulgazione di eventi spesso considerati appannaggio degli accademici verso un pubblico più ampio?
«Effettivamente è molto difficile coniugare divulgazione e momenti spettacolari con un approccio di tipo scientifico e rigoroso perché il modo in cui è concepito il sistema della comunicazione in questo spesso non ci aiuta. Devo dire, però, che abbiamo un certo seguito e ai nostri concerti e spettacoli partecipano molte persone dall’Italia e dall’Europa. Si è creato a Venezia e in tutto il Veneto un pubblico appassionato e competente che ci segue e ci apprezza, anche se le nostre proposte, che non definirei “accademiche”, sono spesso di nicchia, poco conosciute, frutto di ricerche che non sono sotto i riflettori dei media. D’altra parte lo scopo del nostro Istituto, fin da quando fu fondato da Alain Daniélou nel 1969, è quello di promuovere in Italia e in Europa tradizioni musicali importanti e poco conosciute provenienti da diverse parti del mondo, mondo popolare europeo compreso, aggiungendo anche alle volte riflessioni su progetti contemporanei e di sperimentazione. E questo cerchiamo di continuare a fare, proponendo eventi spesso unici e non visti altrove, con il tentativo di coniugare rigore nella proposta e apparati didattici che consentano anche a non specialisti di poter apprezzare delle musiche e delle danze che sono di grande fascino e bellezza, anche in relazione alle culture che le esprimono. Penso sia proprio l’unicità della nostra offerta scientifica e spettacolare che ci permette di continuare a coltivare un pubblico così colto e appassionato. Il fatto che la nostra playlist su You Tube sia stata oggetto di oltre 250.000 visualizzazioni ci conforta in queste nostre scelte. D’altronde il pieno supporto che la Fondazione Giorgio Cini dà ai nostri programmi ci consente di proseguire in questa strada».
Immagine di copertina: Isola di San Giorgio, ph. ORCH, Per gentile concessione della Fondazione Cini
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