Finalmente anche il Teatro alla Scala ha in repertorio Le Corsaire

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Finalmente anche il Teatro alla Scala ha in repertorio Le Corsaire. Un’acquisizione differita di almeno un decennio, che capita doverosamente in questo bicentenario della nascita di Marius Petipa.

Titolo di infiniti rimaneggiamenti, gli amanti del grand ballet esotico lo possono ammirare nella ricostruzione “filologica” del Bol’šoj, in storiche versioni sovietiche, in recenti allestimenti europei e in questa produzione di Anna-Marie Holmes scelta dalla Scala. Avventurosa come la sinossi del balletto (tratta dal poemetto di Lord Byron The Corsair) la sua storia: la coreografa canadese che negli anni Sessanta aveva danzato nel Balletto Kirov di Leningrado (oggi Mariinskij di San Pietroburgo) e nei decenni successivi avrebbe rimontato negli Stati Uniti le versioni sovietiche dei classici di Petipa, nel 1997 fu la prima a portare in Occidente Le Corsaire.

Fedele all’edizione di Konstatin Sergeev per il debutto a Boston, nella produzione dell’anno successivo per l’American Ballet Theatre il balletto portava per prima la firma della Holmes, che vi aveva apportato numerosi cambiamenti. Oltre a tagli snellenti, soprattutto un accentuato gusto d’intrattenimento tipicamente americano, che ne determina tuttora il gran successo di pubblico.

Allestito oggi per Corpo di ballo della Scala e come uso della coreografa adattato alle caratteristiche dei suoi ballerini, nell’interpretazione italiana questo Corsaire trova una qualità esecutiva più classica rispetto alla spettacolarità americana e alla bravura sovietica, senza perdere quella brillantezza che già fu di Petipa.

Merito della nuova generazione di ballerini scaligeri che non teme le difficoltà tecniche del balletto: Nicoletta Manni supera baldanzosa la maratona di Medora culminante nel celebre pas de trois dalle prodezze sovietiche; Martina Arduino è una Gulnara con tecnica brillantissima e preziosità di stile russo; Timofej Andrijashenko interpreta Conrad con nobiltà e prestanza; Mattia Semperboni come schiavo Alì è una rivelazione con i suoi giri prodigiosi.

Sebbene poco russo per grazia stilistica, il corpo di ballo femminile (allieve della Scuola comprese) è preciso e ordinato nel tableau “Le Jardin animé” e la troupe intera coglie la vivacità delle danze di carattere dei corsari. Sotto la bacchetta di Patrick Fournillier la partitura-collage (con musiche di Adolphe Adam, Cesare Pugni, Léo Delibes, Riccardo Drigo, principe di Oldenbourg) è eseguita con brio francese senza enfasi sovietica, mentre le scene di Luisa Spinatelli trovano la cifra migliore nei primi quadri di gusto storicistico orientale più che in quelli onirici dell’harem, ma conquistano nel finale con il realistico naufragio del veliero dei pirati.

 

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