Festival Bozen: lo slancio schumanniano di Daniel Harding

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Vedere Daniel Harding alla guida dell’Orchestra dell’Accademia Gustav Mahler è sempre motivo di grandi aspettative per il pubblico bolzanino.

Il concerto di venerdì 28 luglio tenutosi presso l’Auditorium Haydn di Bolzano, infatti, si è posto su una tradizione di entusiasmanti esecuzioni che hanno visto il direttore britannico ottenere grandi successi nelle precedenti edizioni del Bolzano Festival Bozen. L’evento del 28 non ha tradito le aspettative.

La prima parte del programma lo ha visto confrontarsi con la Suite da Pelléas et Mélisande di Debussy realizzata da Erich Leinsdorf. Harding si è mostrato solido alla guida della giovane orchestra, concedendo grande attenzione agli impasti sonori e offrendo un’interpretazione limpida e a tratti diafana del lavoro. Sostenuto dalla natura stessa della Suite di Leinsdorf, ha trattato il lavoro con il carattere di un poema sinfonico unitario e coerente, un’interessante interpretazione dimentica dell’iniziale destinazione teatrale, per quanto particolare, dei brani utilizzati. La difficile opera è stata eseguita con cura e cautela dai musicisti, forse peccando proprio in un eccesso di essa che ha spesso irrigidito il carattere e non ha evitato i problemi di intonazione, soprattutto nell’impasto dei legni e delle trombe. Praticamente impeccabili invece gli archi, soprattutto nei registri più scuri e caldi, e meravigliosi i dialoghi fra fiati, archi, arpe e percussioni.

 

 

L’attacco della seconda parte del programma ha marcato con forza un’inversione di marcia. Le rarefatte sonorità ed i placidi impasti sonori debussiani hanno lasciato il posto all’intemperanza romantica della Sinfonia n. 3 “Renana” di Schumann. Fin dalle prime battute Daniel Harding ha trovato un carattere completamente nuovo, riuscendo a diversificare con efficacia il gesto, dimostrando con ancora maggiore chiarezza il totale controllo dell’orchestra e della partitura e soprattutto sapendo rendere con maestria l’orchestrazione di Schumann, spesso biasimata, ma ricca di preziosità e dall’entusiasmante sapore sperimentale. Il primo movimento è stato un turbinio di energia e slancio, affrontato tuttavia senza mai perdere l’eleganza così propria di Schumann e che rende Harding un interprete perfetto dei lavori del compositore tedesco.

Dei cinque movimenti della Sinfonia Harding ha offerto una visione ricca di contrasti, che al galvanizzante Lebhaft iniziale ha contrapposto uno Scherzo caldo e misurato, ma spesso eccessivamente pesante e pieno, proseguendo con un più raffinato Nicht schnell, occasione per direttore e orchestra di sfoggiare una magnifica cura per timbro e fraseggio. Proseguendo per contrasti, al leggero terzo movimento è seguito un solenne e magistrale Feierlich, in cui il direttore ha sottolineato più che l’incedere processuale la statica e imponente architettura gotica, spalancando di fronte al pubblico le porte di una severità non esente dal tormento interiore. Nel conclusivo Lebhaft Harding ha saputo tornare ad un discorso allegro e sereno marcandone i frammenti ritmici, con energica eleganza e teutonica baldanza.

Ciò che ha più colpito del direttore è stata sicuramente la sua straordinaria ricerca timbrica e polifonica, capace di trovare infiniti caratteri per i diversi accenti e sforzato, inventando nuovi equilibri sonori e riuscendo ad evidenziare con chiarezza le linee polifoniche e le risposte interne al discorso, senza mai perdere quella linearità e quell’unitarietà che aveva già mostrato nella Suite dal Pelléas di Debussy. L’Orchestra dell’Accademia Gustav Mahler è riuscita su Schumann a superare ogni titubanza ed a gettarsi con partecipazione in ogni dinamica, offrendo soprattutto nei movimenti estremi una capacità di slancio ed entusiasmo che ha del prodigioso.

Sempre attenta al suo direttore, l’orchestra ha avuto nella Sinfonia meno problemi di intonazione, chiaramente meno esposta rispetto alle armonie francesi, riuscendo tutta ad essere convincente. Unico vero problema è stato l’acuto passaggio del primo corno nello Scherzo, mancato in tutte le sue riproposizioni con grande evidenza. Il Feierlich è riuscito, tuttavia, a far riabilitare i corni, che eccetto un’ulteriore scivolata hanno dato prova di splendido insieme e grande intensità espressiva.

Quest’interpretazione della Renana non può che essere uno splendido auspicio per il Bolzano Festival Bozen in partenza e conferma ancora una volta l’indubbia capacità di emozionare di Daniel Harding e l’Orchestra dell’Accademia Gustav Mahler.

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