Domenica 20 ottobre Fabrizio Ottaviucci, pianista e compositore, eseguirà al Romaeuropa Festival la seconda parte di Treatise del compositore inglese Cornelius Cardew. Ottaviucci racconta ad Almadeus come ha affrontato l’interpretazione di questa particolare partitura monumentale di 193 pagine.
La partitura grafica Treatise realizzata da Cornelius Cardew tra il 1963 e il 1968 è concepita su 193 pagine ricche di simboli e segni grafici di vario tipo. Questi diventano lo strumento creativo e compositivo dell’interprete che, nella volontà del compositore inglese, arriva attraverso gli stimoli intellettuali, visivi, emotivi dei segni tracciati, a concepire idee e forme musicali nuove, scaturite dalla parte creativa più nascosta dell’interprete stesso.
Va da sé che la realizzazione dell’opera Treatise, come avviene in tutta la musica aleatoria, veda l’interprete nella veste di compositore che si assume ogni responsabilità sull’efficacia e senso dell’opera.
La musica aleatoria
L’importanza che ha avuto ed ha ancora la pratica compositiva della musica aleatoria sta nel fatto che ha indagato e dato vita a una dimensione intermedia tra quella compositiva definita in scrittura e quella estemporanea espressa in totale improvvisazione. Una dimensione che dà a entrambe le polarità la possibilità di arricchirsi, scambiarsi qualità e tecniche, prendere a prestito vitalità e rigore, a seconda dei casi.
E tutto questo mi sembra di poter dire è una necessità di questo momento in cui siamo, all’inizio di un secolo che sente il bisogno di portare avanti il pensiero dell’opera aperta e di far confluire in una casa comune le esperienze del mondo della contemporanea con quelle degli improvvisatori radicali, a volte legati al jazz, ma sempre più spesso liberi ora da ogni vincolo linguistico.
Il Treatise di Cardew supera per bellezza estetica ogni altra partitura grafica; così anche per la concezione filosofica, per i rimandi concettuali e per le qualità prettamente artistiche del segno grafico. Le istruzioni che accompagnano la partitura, non allegate in modo vincolante ad essa, ci portano soprattutto a riflettere sulle prime interpretazioni realizzate e respingono ogni possibilità di definire una modalità unica di interpretazione.
Fabrizio Ottaviucci