Una discografia sterminata, che conta oltre 70 album all’attivo, e una lunghissima serie di collaborazioni con musicisti considerati ormai leggendari. Anzi, lui stesso è entrato di diritto nella storia del jazz con numerosi riconoscimenti ottenuti e centinaia di brani composti, alcuni dei quali diventati nel tempo dei veri e propri standard, eseguiti e incisi da interpreti di fama internazionale. Enrico Pieranunzi non ha bisogno di presentazioni, almeno per quanto riguarda la sua esperienza pianistica. Ma di certo la sua statura di compositore si è innalzata ancor più quando un paio di anni fa con la pubblicazione di My Songbook ha mostrato un altro suo talento, quello di paroliere, firmando anche il testo di diverse sue melodie.
Lo scorso 25 settembre al Bonaventura Music Club di Milano Pieranunzi ha riproposto in versione piano e voce alcuni titoli di questo suo lavoro discografico del 2016 e lo ha fatto insieme all’altra protagonista del cd, Simona Severini, giovane e talentuosa cantautrice che spazia fra vari generi musicali e che nelle atmosfere jazz si trova decisamente a proprio agio. È stato lo stesso Pieranunzi ad affidarle l’interpretazione vocale di questo suo album e la scelta si è rivelata azzeccata.
Il concerto si apre con Just a Song, testo e musica del pianista romano, una ballad dolce e trasognata da cui emerge l’intensa vena poetica dell’autore. A seguire Coralie, un altro suo tema inciso in passato con il contributo di Enrico Rava alla tromba, viene proposto con un’altra veste cucita dalla voce della Severini, che non si scosta però dal delicato lirismo della versione originaria. Pieranunzi introduce ogni pezzo eseguito da alcune parole che ne tracciano la genesi e che aiutano a comprendere alcune scelte compositive. Così è anche per Premier Moment, versi di Jacqueline Risset, critica letteraria, traduttrice francese e docente universitaria a Roma, ma anche poetessa e amica del pianista. Pieranunzi le aveva promesso che avrebbe messo in musica una sua poesia e così è stato. Scomparsa nel 2014, la Risset avrebbe sicuramente apprezzato la melodia che ha animato i suoi versi e la carica espressiva dell’interpretazione vocale di Simona Severini, che ricorda la struggente malinconia tipica degli chansonnier d’oltralpe. Notevole è anche la sua esecuzione di Nuit d’Étoiles, una canzone composta da un giovanissimo Claude Debussy su un testo di Théodore de Banville. Una serenata carica di nostalgia raggiunge con l’arrangiamento jazzistico di Enrico Pieranunzi dei contorni che riportano alla mente il cielo punteggiato di astri della Notte stellata sul Rodano di Vincent van Gogh. Pieranunzi è come un pittore dotato di una tavolozza di colori notevolmente ricca e variegata, ma non cade mai nella tentazione dell’utilizzo sistematico di tutta la gamma cromatica. I suoi assoli e i suoi virtuosismi, in questo come in altri pezzi, sono sempre misurati e funzionali allo sviluppo del brano e costituiscono propriamente elementi di supporto della voce o di raccordo tra i suoi interventi, a conferma che per impressionare non è necessario strafare.
Che cos’è, parole e musica dello stesso Pieranunzi, rappresenta una riflessione sull’amore, in cui un tema accattivante si sviluppa tra parti ritmate e alcune parentesi più ariose e che Simona Severini rende vocalmente in maniera brillante e giocosa, interpretando al meglio lo spirito della composizione immaginato dal suo autore. È quindi la volta di Night Bird, un brano diventato un celebre standard, che Pieranunzi aveva inciso con il grande trombettista e cantante Chet Baker e pubblicato nel 1980. La raffinata versione pianistica è impreziosita dalla voce della Severini, che ha il pregio di dare un nuovo colore al brano senza allontanarsi dall’atmosfera creata dall’ensemble strumentale per il quale la composizione era stata pensata in origine. My heart in a song, traccia di apertura dell’album My Songbook, è un pezzo che fa emergere il grande affiatamento del duo e che mette in rilievo le peculiarità dei singoli: la poeticità del pianismo di Pieranunzi si sposa perfettamente con il pathos e i ricchi cromatismi della vocalità della Severini, in un intreccio in cui sono valorizzati appieno sia lo strumento sia la voce. Io non saprò mai perché, titolo firmato da Pieranunzi nel testo e nella musica, chiude il concerto e mette ancora una volta in risalto lo straordinario fervore creativo del compositore e la sua eccellente tecnica strumentale. Al pubblico, che apprezza notevolmente, Pieranunzi concede un altro brano e si congeda con un coinvolgente Vacation from the Blues, partitura firmata da Johnny Mandel, in cui si mette ancora una volta in evidenza la pregevole duttilità vocale di Simona Severini.
Un notevole merito va sicuramente riconosciuto a Fabio Diana, alla direzione artistica del Bonaventura Music Club, un locale che propone ormai da diversi anni un fitto calendario di concerti e jam session, in cui artisti di assoluto livello del panorama jazz e non solo si esibiscono in un contesto curato e in un clima raccolto, come piace agli autentici appassionati del genere.