A Cortona, suggestivo borgo medievale della Val di Chiana aretina, l’alta formazione lirica porta il nome di “Corso d’Opera”. Nato da un’idea di Bruno Bartoletti che, sette anni fa, condivise con Raffaella Coletti la necessità di un corso capace di fornire ai cantanti lirici nuove competenze mirate, Corso d’Opera si colloca oggi ai più alti livelli nel panorama nazionale e internazionale dell’alta formazione lirica. Dal prossimo gennaio 2018, la presidenza dell’associazione sarà affidata a Dominique Meyer, attuale sovrintendente della Wiener Staatsoper, già socio onorario e oggi membro del consiglio direttivo.
Nato in Alsazia, figlio di un diplomatico, l’infanzia tra Francia e Germania, vanta un’intensa carriera in cui riveste ruoli come Direttore dell’Opéra di Parigi, Direttore Generale dell’Opera di Losanna, Direttore Artistico e Direttore Generale del Teatro degli Champs-Elysées, a Parigi, Presidente della French Youth Orchestra e consulente artistico di Riccardo Muti per la fondazione dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini a Piacenza. Oggi fa parte del Consiglio Direttivo dell’European Music Theatre Academy (EMA) dell’Università di Vienna e del Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse de Paris (CNSMDP).
Lo incontriamo, nella suggestiva città d’arte di Cortona, nei giorni conclusivi delle Masterclass della sesta edizione di Corso d’Opera. La sua partecipazione alle attività didattiche e concertistiche in programma, al fianco dell’attuale presidente Niccolò Contucci e del direttore generale Raffaella Coletti, segna in qualche modo il passaggio di testimone e l’inizio di un nuovo corso.
Dopo la nomina accettata lo scorso mese di maggio, da gennaio 2018 ricoprirà il ruolo di Presidente di Corso d’Opera: cosa significa per lei prendere in mano le redini dell’associazione? Si aspettava questa nomina?
Ho accettato questo incarico primariamente per un fatto di amicizia nei confronti di Raffaella Coletti, che ha iniziato questo corso qualche anno fa; e poi, mi fa piacere poter contribuire a un progetto che aiuta i giovani cantanti per la loro carriera.
Quali innovazioni, frutto della sua esperienza internazionale, conta di apportare?
Non sono solito fare dichiarazioni prima di aver assunto un incarico, ma un’idea potrebbe essere quella di dare un respiro più internazionale a Corso d’Opera, per fare in modo che fra qualche anno al nostro concerto finale possano esser presenti importanti agenti e direttori artistici, per ascoltare i cantanti che avranno partecipato al corso. Sarebbe bello che Corso d’Opera potesse diventare un punto di riferimento internazionale.
Restituire vitalità all’Opera lirica è la mission di Corso d’Opera. Quali le ricette?
Credo che l’Opera sia molto vitale. Si parla sempre di crisi, ma io ho davanti agli occhi un mondo che si muove, che cambia, un mondo nel quale emergono paesi che fino a pochi anni fa erano lontani dall’Opera lirica: la Cina, tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica, il Sud Africa. Quando vedo che questi mondi si interessano alla nostra cultura musicale più di tante persone nate in Europa, allora penso che è arrivato il momento di muoversi in modo da far amar l’Opera lirica alle nuove generazioni. A Vienna lo stiamo già facendo: nella stagione scorsa, più di quindicimila bambini hanno seguito le diverse attività che abbiamo proposto.
Attuale Sovrintendente della Wiener Staatsoper, una vita al servizio di Teatri dediti alla diffusione del repertorio operistico tra Parigi, Losanna e Vienna: come nasce la sua passione per questo complesso quanto affascinante mondo?
Per caso: quando ero piccolo non avevo idea di cosa fosse l’Opera lirica. Arrivato a Parigi a 17 anni, decisi di scoprire tutto quello che la città aveva da offrire. Un giorno andai a vedere Parsifal, avevo un pessimo posto, dal quale si vedevano solo due metri di palcoscenico, ma tutta la fossa d’orchestra. Quella sera mi sono innamorato dell’Opera, per sempre. Questa storia mi ha fatto capire che anche persone che non hanno ricevuto una particolare educazione musicale possono essere toccate dall’Opera. Non si deve mai dimenticare che tutte le prime opere della storia avevano come tema Orfeo, colui che ti emoziona con il canto.
Quale futuro intravede per queste grandi istituzioni che lottano oggi contro la frequente accusa di essere ormai desuete e anacronistiche?
Non sono pessimista, al contrario: vedo che queste strutture si muovono bene, trovando soluzioni nuove. Mi ricordo anche che a Parigi negli anni Sessanta l’Opera era morta, e invece oggi ci sono cinque teatri che propongono più di seicento recite all’anno, un repertorio molto allargato che va da Monteverdi alle opere contemporanee, con pubblico misto. Credo che i teatri debbano trovare un modo di parlare alle nuove generazioni. A Vienna, per esempio, abbiamo sviluppato un sistema di trasmissioni televisive, e adesso trasmettiamo 45 opere all’anno; usiamo questa tecnica anche per interagire con le scuole, ormai lavoriamo già con più di duecento istituti scolastici. Non è vietato usare i mezzi moderni: streaming HD, siti internet, Facebook, Twitter… insomma, tutto l’arsenale della comunicazione. Il futuro dell’Opera appartiene a coloro che sono in grado da un lato di ampliare il repertorio, dall’altro di comunicare con i bambini.
Il suo ABC per una corretta gestione?
Ritengo che sia prioritario creare uno spirito di team. Conosco individualmente i mille dipendenti dell’Opera di Vienna. Il mio vademecum è questo: parlare a tutti con lo stesso rispetto; non fare di piccole cose grandi problemi; non creare tensioni inutili; quando ci sono dei problemi, cercare una soluzione piuttosto che un colpevole; non mettere tutto sullo stesso piano, cose urgenti e non urgenti, piccoli problemi e grandi problemi. Tutto questo è molto importante. E poi: fare le cose con molto anticipo, pianificare e prendere decisioni artistiche conoscendone le conseguenze economiche, organizzative e umane.
L’approccio all’Opera in Austria e in Italia: quali macroscopiche differenze rileva?
In Austria l’Opera è il centro di tutto: si parla dell’Opera ovunque, in tutti gli strati sociali, ad ogni livello. Non si tratta di essere stati educati alla musica, o di appartenere alla categoria dei ricchi o dei benestanti. L’Opera è veramente centrale, per tutti, se ne parla dappertutto, e gli aneddoti riferiti dai tassisti e dei portieri degli alberghi sono veri. Non si tratta di un fenomeno recente; anzi, è molto anziano, con rughe bellissime e profonde. Questo amore per l’Opera è alimentato e “tenuto insieme” da un sistema che amo molto, e che reputo fondamentale: all’Opera di Vienna vengono venduti tutte le sere, il giorno della recita, seicento posti in piedi a bassissimo costo (3 e 4 euro), la metà dei quali si trova in fondo alla platea, con una visibilità e un’acustica fantastiche. In Italia ci troviamo in un momento storico nel quale il mondo si trasforma, vedo tanti teatri chiusi, ma non sono pessimista: penso che anche in Italia, quando sarà superata la crisi, ci sarà un nuovo Rinascimento, perché questo è il paese nel quale l’Opera è nata. Qui la passione per l’Opera è diffusa dappertutto; manca forse la coscienza del mondo politico, che dovrebbe pensare che il suo dovere è quello di sostenere con forza e determinazione quest’arte così fragile e difficile. Penso anche che nei teatri italiani ci siano delle rigidità che dovrebbero essere scardinate: in altri termini, sarebbe necessario concentrarsi più sui dati oggettivi che dare importanza agli ostacoli e alle difficoltà. In Austria, quando ci sono dei problemi nei teatri – e ce ne sono, come dappertutto – si cerca una soluzione piuttosto che lo scontro.
Corso d’Opera si occupa non solo di tecnica vocale e interpretazione ma anche di movimento corporeo, alimentazione, gestione della performance. Di ogni aspetto necessario ad un cantante, insomma, per affrontare la carriera. Quali ritiene che siano oggi le caratteristiche vincenti per distinguersi?
Si deve per prima cosa aver ricevuto in dono – da Dio, dalla natura – una predisposizione, una voce; e poi, questa voce deve essere educata, sia dal punto di vista tecnico che musicale. Ma ciò non basta. I cantanti sono come grandi atleti, perché cantare è (anche) movimento, fiato, muscoli. Proprio per questo il corpo va curato, è necessario che i cantanti prestino moltissima attenzione alla propria salute. Ci sono poi tanti altri elementi, come la capacità di lavorare con le lingue: il mondo è diventato internazionale, così si deve poter comunicare in diverse lingue, si deve essere capaci di cantare in diverse lingue. In più, è necessario imparare a muoversi e a recitare, perché i cantanti moderni sono anche attori. Inoltre, all’inizio della carriera è fondamentale sapere come prepararsi per un concorso di canto, per un’audizione, capire come presentarsi; in seguito, è necessario sapere come si gestisce una carriera, e come lavorare con un agente. Tante cose, tutte determinanti, che non vengono insegnate nelle scuole di musica. Corso d’Opera cerca di costruire questo ponte tra la fase formativa e il mondo de professionismo.
E, infine, cosa augura al mondo della lirica in genere?
Se si lavora bene parlando ai bambini (la nuova generazione di spettatori), se si preparano gli artisti di domani, se ci mostriamo capaci di allargare il repertorio e di presentare valide opere nuove, se si gestiscono i teatri in modo serio, se siamo capaci di aprirci alle nuove tecniche di comunicazione, allora l’Opera avrà un bel futuro.
Foto di copertina: Ph. Wiener Staatsoper – Michael Pöhn