Debutto milanese per gli Eighth Blackbird al Festival MiTo

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Paesaggi sonori nordamericani, rock e minimalismo: si potrebbe sintetizzare in questi tre elementi il debutto milanese degli Eighth Blackbird nel corso della rassegna MiTo Settembre Musica.

Fondati nel 1996, il sestetto di Chicago ha dedicato la sua carriera alla musica contemporanea, tenendo a battesimo innumerevoli giovani compositori e vincendo quattro Grammy Awards come miglior ensemble di musica da camera.

Anche domenica 17 settembre, nella Sala Shakespeare del Teatro Elfo-Puccini, il gruppo ha presentato una rassegna di alcuni dei più promettenti compositori nordamericani: un solo “grande nome”, John Luther Adams (1953), e una nidiata di talentuosi, tutti nati tra  1970 e 1985, che solo di recente stanno facendo emergere la propria voce oltreoceano.

Il concerto si apre con The Light Within di Adams. Vincitore del Premio Pulitzer nel 2014 con Become Ocean, il compositore si ispira alle coste frastagliate dell’Alaska – in cui ha vissuto fra 1978 e 2014 – per dare vita ai suoi affascinanti soundscapes; tra le fonti d’ispirazione per The Light Within ci sono anche le sculture luminose di James Turrell, artista che esplora la tridimensionalità della luce tramite proiezioni minimaliste. Il sestetto costruisce una fascia sonora limpida e compatta che cresce e diminuisce in maniera sempre uniforme nelle sue dinamiche, come a seguire un paesaggio innevato.

Anche Matthew Burtner (1971) proviene dall’Alaska: come in Adams c’è un significato profondamente ecologista nel suo lavoro, forse perché entrambi vivono il cambiamento della propria terra causato dal surriscaldamento globale. Song for Low Tree (2011) è un’opera per percussioni e software, in cui la voce dell’esecutore viene processata in modo da essere trasposta molte ottave più in basso, mentre il suono del «respiro dell’albero» viene trasposto molte ottave all’acuto, all’altezza della voce umana; il risultato è una sorta di bordone sul quale si sviluppa una complessa trama poliritmica di grancassa, tamburi a fessura e woodblocks.

Ancora il percussionista Matthew Duvall ha la parte del protagonista in Garden of Iniquitous Creatures di Ned McGowan (1970), il lavoro più rock del concerto: l’utilizzo della batteria – strumento anomalo nel mondo della musica colta – sottolinea proprio la radici del compositore, saldamente piantate nel campo della popular music: nel suo brano si respirano echi di Frank Zappa (in particolare nei complessi cambi ritmici che scandiscono i pannelli musicali) e delle pompose melodie da progressive rock anni Settanta.

La seconda parte del concerto è dedicata ai compositori che si ispirano alle tecniche del minimalismo, pur senza nessuno di essi ricadere interamente nella categoria: composto nel 2014, South Catalina di Christofer Cerrone (1984) – peraltro finalista, con un interessante lavoro ispirato alle Città invisibili di Calvino, al Pulitzer 2014 poi vinto da Adams – sfrutta dei delicati incisi di pianoforte e vibrafono per costruire un crescendo emotivo che vorrebbe simboleggiare un’alba losangelina, città in cui risiedeva al momento della composizione.

L’esecuzione di Strange Sunrise di Richard Reed Parry (1977) prevede un particolare metronomo: lo stetoscopio. Infatti la partitura prevede che ogni musicista suoni la sua parte utilizzando il proprio battito cardiaco come click. Composto come reazione emotiva alla vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali, è il lavoro più fedelmente minimalista della serata.

Infine Checkered Shade di Timo Andres, inspirata ai quadri di Astrid Bowlby: come i pattern regolari disegnati dall’artista, il brano si sviluppa su brevi ostinati che ricordano i procedimenti compositivi per aggregazione di Steve Reich, mentre archi e legni scorrazzano liberamente sviluppando le loro melodie, fino a riunirsi nell’ultima parte. Una sorta di zoom dal particolare alla panoramica – per usare le parole del compositore – in cui dal bianco e nero si passa gradualmente a una tonalità di grigi.

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