Mozart è arrivato a Padova e, in marsina rossa, si aggira per le vie della città pronto a far ascoltare i suoi nuovi capolavori. Il primo fotogramma di un film in costume? No, è lo spot che annunciava l’imminente inizio della rassegna con cui in questi giorni l’Orchestra di Padova e del Veneto celebra il grande compositore salisburghese, a 250 anni dal suo primo viaggio in Italia. Nata da un’idea dell’architetto Paola Cattaneo e con la direzione artistica di Marco Angius, questa “festa mozartiana”, in tempi così difficili e incerti, conferma una volta di più l’OPV come una realtà musicale dinamica, lungimirante e coraggiosa, che riesce a coinvolgere l’intero territorio offrendo al suo pubblico affezionato programmazioni di preziosa caratura. Dal 12 al 14 marzo è tempo di Mozart @ Padova, un cartellone di eventi in streaming tra musica e divulgazione.
Dopo la presentazione ufficiale nel pomeriggio di ieri, alle ore 20:45 l’inaugurazione con il musicologo Sandro Cappelletto insieme al Quartetto dell’OPV, per segnare idealmente l’arrivo del compositore in città. Mozart in the Quartet, seguito da oltre un migliaio di spettatori, è stato trasmesso da Palazzo Cornaro-Priuli (all’epoca Palazzo Pesaro), dove il giovane musicista alloggiò durante la sua permanenza a Padova.
Oggi, 13 marzo, Mozart in carrozza, un viaggio musicale in Italia, intrigante spettacolo teatrale-musicale ideato per il pubblico young (ore 16), precede la lezione-concerto sul primo Quartetto per archi “Lodi” tenuta dal Prof. Sergio Durante al Gabinetto di Lettura e Società di Incoraggiamento (ore 18).
A conclusione della rassegna, questa sera alle 20:45, dal Teatro Verdi di Padova, un concerto monografico vedrà protagonista il violinista di fama internazionale Leonidas Kavakos, nella doppia veste di solista e maestro concertatore. Apre il programma l’ouverture de La Betulia liberata K. 118/74c, l’oratorio eroico su testo di Metastasio commissionato al giovane Mozart dal marchese Don Giuseppe Ximenes d’Aragona, patrizio fiorentino che a Padova fu “arbiter occulto” della Cappella Antoniana e promotore di un circolo di “spiriti eletti” in odore di istituzione latomistica. Si prosegue con il Concerto n. 4 per violino e orchestra in re maggiore K 218, gemma dalla schietta gestualità “operistica”: il tono di commedia è infatti qui fortemente accentuato, con il continuo avvicendarsi di umori cangianti. «La scrittura solistica tende a valorizzare sia la cantabilità del registro grave sia la brillantezza di quello acuto (richiamando per questo aspetto specifico il contemporaneo stile virtuosistico francese) e il trattamento orchestrale manifesta varietà e sottigliezze di tessitura» (Cesare Fertonani). In chiusura la solare e grandiosa Sinfonia n. 41 K 551 “Jupiter”.
Durante una sessione di prove abbiamo intervistato Leonidas Kavakos, che torna dopo 15 anni alla testa dell’OPV. Una occasione non solo per entrare più in profondità nello spirito della scrittura violinistica mozartiana, «frutto di un’energia giovanile sicura di sé e talora traboccante» (Hermann Abert), ma anche per discutere dell’importanza della musica in questo momento così critico per il mondo della cultura, immaginando possibili catarsi.
Quella fra Mozart e il violino può essere definita come una “storia d’amore” giovanile, durata solo qualche anno. Una storia che, per di più, racconta della dipendenza e poi dell’emancipazione dalla figura paterna e dalla città di Salisburgo. È molto interessante e suggestivo questo rapporto, non trova?
«Il problema è appunto che Mozart, sfortunatamente, non compose più per violino solista dopo la fine del 1775, anno in cui scrisse il suo ultimo Concerto per violino. Non so spiegare il vero motivo per cui Mozart abbia deciso di interrompere il suo rapporto con quello che era lo strumento del padre – ma anche il suo strumento. Forse per dedicarsi maggiormente al repertorio pianistico e a quello vocale. Ad ogni modo, il violino tornerà protagonista, in ensemble, nella Sinfonia concertante del 1779 e ovviamente nella musica da camera: penso ai Quartetti d’archi ma anche al Quintetto per clarinetto. Però, ecco, certamente i Concerti per violino, scritti tutti nel giro di un paio d’anni, sono testimoni di un Mozart differente rispetto a quello che ascoltiamo poi nel Concerto per clarinetto o nei tardi Concerti per pianoforte».
Il violino, fra tutti gli strumenti è forse il più lirico e vicino alla voce umana. In Mozart, in particolare, la “voce del violino” viene gestita quasi come la voce di un cantante, seguendo schemi narrativi, delineando un plot. Quanto è importante, dunque, avere un “approccio teatrale” per interpretare questo repertorio?
«Non esiste musica che non sia narrativa, così come è importante avere un approccio teatrale nell’interpretazione di ogni brano musicale. Il violino – come anche il violoncello, per esempio – si avvicina davvero molto alla voce umana. Eppure, mentre la voce ha sempre a che fare con un testo lo strumento è sempre svincolato dalle parole. Proprio per questo, a mio modo di vedere, la musica strumentale offre una grande libertà tanto agli ascoltatori quanto agli interpreti, offrendo l’opportunità di immaginare, e sognare. Ma, ovviamente, in un brano strumentale ci sono ritmo, articolazione, dinamiche, pause, armonia, consonanze, dissonanze: tutti questi elementi nel loro complesso creano una narrazione, una “narrazione senza parole”».
Senza l’ausilio di parole, ma imbastendo un dialogo appassionato. Nel 1793 Heinrich Christoph Koch scrisse che un concerto è la realizzazione di «una conversazione appassionata tra il solista e l’orchestra che lo accompagna». Come intende il suo personale dialogo con l’orchestra?
«Il mio dialogo è il dialogo di Mozart. Quando si legge una partitura bisogna osservare attentamente e tener presente tutte le voci e i registri che conversano o che replicano – la musica si fonda sulle polarità. Questo è il microcosmo di ogni Concerto. Quindi non si tratta tanto del mio personale dialogo. In una performance è per me importante cercare di stimolare l’interesse dei colleghi d’orchestra a prendere parte a un dialogo comune».
In questo periodo di pandemia abbiamo bisogno di re-immaginare e di ri-progettare il nostro futuro culturale. Fra i tanti ostacoli di questo viaggio che ci vede protagonisti, perché è necessario che la musica sia per noi un imprescindibile compagno?
«La pandemia ci ha messo alla prova duramente. Venendo dalla Grecia e seguendo le mitiche tracce di Asclepio, sono più che convinto che la musica e il teatro siano necessari per guarire: sono a tutti gli effetti una “terapia”. L’arte è senza alcun dubbio parte fondamentale del percorso educativo dell’uomo. Oggi sfortunatamente viene reputata come qualcosa di non necessario, superfluo, come un lusso. Invece, e maggiormente nella attuale situazione, abbiamo bisogno di andare a teatro. Non sarebbe un problema, anche con capienza ridotta: rispettando il distanziamento, indossando le mascherine. Il problema non risiede in una presunta pericolosità del luogo. Il vero problema è, piuttosto, negare al pubblico l’opportunità di guarire il proprio spirito, grazie all’ascolto della musica di Mozart, Beethoven o Schubert. Moltissimi miei colleghi parlano dell’importanza dell’arte, ma ne parlano solo dal punto di vista professionale. La musica non è intrattenimento. In questo lungo periodo di restrizioni e di lockdown l’arte e la musica costituiscono una preziosa “via di fuga”, una grande opportunità di guarire psicologicamente. I leader governativi non sembrano dare troppa importanza a questo aspetto. Io, personalmente, non posso che esserne furioso. Così come c’è bisogno della scienza, per produrre i necessari vaccini, allo stesso modo c’è bisogno dell’arte: entrambi sono pilastri della nostra esistenza. Producendo effetti immediati sulla vita delle persone, il valore della scienza viene apprezzato. Dell’arte e la musica, che al contrario non portano a risultati apprezzabili in termini di “tangibilità”, le persone non colgono l’importanza. Ma la musica parla di ritmo, di struttura, di συμϕωνία (molte voci che convivono insieme). La musica ha il potere di rendere migliore la vita di ognuno. Nell’epoca del digital ben vengano gli streaming. Ottimo, senz’altro… ma abbiamo bisogno, presto, di ritornare in teatro, per riappropriarci dell’armonia perduta».
Attilio Cantore
In copertina il violinista greco Leonidas Kavakos ritratto da Marco Borggreve; nelle slide: Saverio Dalla Rosa (Verona, 1745-1821), Ritratto di Wolfgang Amadeus Mozart, 1770, olio su tela, collezione privata, Losanna; Louis Carrogis Carmontelle (Parigi, 1717-1806), Portrait de Wolfgang Amadeus Mozart jouant à Paris avec son père Jean-Georg-Léopold et sa sœur Maria-Anna, 1763, acquerello, Musée Condé, Château de Chantilly; alcuni momenti della registrazione del concerto di questa sera che vedrà protagonisti Kavakos e l’OPV (© Zetagroup e © OPV)