Compagnia OHT – Office for a Human Theatre si ispira ad Arvo Pärt

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«Potrei paragonare la mia musica alla luce bianca: essa contiene tutti i colori, solo il prisma può dividerli e farli apparire. Questo prisma potrebbe essere l’anima di chi ascolta». Arvo Pärt

Alpi innevate, acque di un lago ghiacciato e un campanile medievale di cui emerge solo la punta a vegliare su un paese sommerso, perso nel tempo da quando nel 1950 la Società Montecatini costruisce la diga che convoglia le acque dell’Adige nel lago artificiale di Resia. È la storia di Curon/Graun, paesino dell’Alta Val Venosta strappato di forza ai suoi abitanti e sepolto per sempre insieme alle loro memorie e al loro dolore.

Silenzio e immobilità sono i protagonisti del progetto della Compagnia OHT-Office for a Human Theatre fondata dal regista Filippo Andreatta che, per la prima volta, si confronta con il teatro musicale ispirandosi ad Arvo Pärt. All’Auditorium Parco della Musica, la serata organizzata dal Roma Europa Festival si apre con la prima italiana di Serenade di Valentin Sylvestrov eseguita magistralmente dal PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble. Subito dopo inizia la performance ideata da Andreatta con i suoi collaboratori Paola Villani, Armin Ferrari (video) e William Trentini (Luci). L’idea è quella di “Rendere umano uno spettacolo il cui protagonista è un campanile” e solo le musiche di Pärt potevano riuscirci: Fratres e Cantus in memoriam Benjamin Britten risuonano grazie alla direzione attenta e quasi discreta di Tonino Battista che sembra far emergere la musica dal silenzio più profondo, quello della Sala Petrassi.

Si susseguono le immagini del modellino di un campanile sommerso dall’acqua, poi le riprese del lago e infine l’apparizione in scena del protagonista assoluto evocato dai tintinnii delle campane. Nessun attore in scena, solo il paesaggio è presente come detonatore di sentimenti per lo spettatore proprio come le musiche di Pärt che si rivolgono all’anima in ascolto: un’idea audace e, nominalmente, in linea con quelle del compositore. Il risultato, però, forse non ha l’effetto sperato: nessuna epifania arriva da questo connubio in cui la musica ha la valenza di un testo scritto. Anzi, le immagini sembrano distrarre l’ascoltatore dalle musiche di Pärt per trasformare quel misticismo inafferrabile in una lacrimevole colonna sonora.

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