Cancellato il Festival Bayreuth 2020: il giorno più triste sulla «collina verde»

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Tra i caduti “illustri” della pandemia in corso anche il Festival di Bayreuth: la notizia, giunta qualche giorno fa con un lapidario comunicato stampa, che il cartellone dell’edizione 2020 di un appuntamento di culto come la rassegna wagneriana, prevista in partenza il prossimo 25 luglio, venisse cancellato ha fatto il giro del mondo.

Si tratta di una decisione sofferta, ma presa di comune accordo dalla direzione del Festival con le autorità locali e nazionali, a tutela della salute e degli azionisti, come chiarisce Katharina Wagner, pronipote del compositore e dal 2008 alla guida della manifestazione  (prima in coppia con la sorellastra Eva e dal 2015 da sola), in un’intervista rilasciata a BR-KLASSIK. I preparativi per il Festival sarebbero dovuti iniziare lo scorso 1° aprile, e molto personale si sarebbe trovato a lavorare a stretto contatto per la realizzazione di scene e costumi, senza contare le prove per cantanti e per i musicisti nella mistica (e angusta) buca del Festspielhaus.

In questo scenario, un barlume di timido ottimismo arriva dal programma già varato per la prossima edizione: a fianco della nuova produzione in programma per il 2021 de Der fliegende Holländer, saranno riproposte le rappresentazioni di Tannhäuser, Die Meistersinger von Nürnberg, Lohengrin e infine Die Walküre in forma di concerto. Per ora, tuttavia, pesa la sospensione della tanto agognata nuova produzione del Ring, con la direzione musicale del finlandese Pietari Inkinen e la regia di Valentin Schwar: nessuna speranza di vederla in scena prima del 2022.

La cancellazione di un simbolo ha il sapore di un’amara sconfitta. «La lunga tradizione del festival ha un ruolo molto importante nella cultura bavarese» sottolinea Bernd Sibler, Ministro bavarese alle Arti, e Reinhard Brembeck, sulle pagine del Süddeutsche Zeitung, ricorda come Bayreuth rappresenti un “biotopo” della musica classica.

Il Teatro infatti, la cui prima pietra venne posata nel maggio del 1872, incorpora tutti gli ideali estetici wagneriani, tradotti in termini architettonici da Gottfried Semper: la struttura ad anfiteatro, il palco con i suoi 32 metri di larghezza e 23 di profondità, la platea che oggi ospita circa 2000 posti… ogni dettaglio concorre alla creazione di un’atmosfera mistica, cui è essenziale anche il senso di prossimità del pubblico, che nel Teatro quasi diventa “comunità”. Dopo la prima del Ring nel 1876, con abnormi costi di produzione, dovettero trascorrere sei anni prima che Wagner potesse permettersi la messa in scena di Parsifal, opera scritta espressamente per il Festspielhaus, come l’orchestrazione rivela. In seguito alla morte del compositore, la direzione fu assunta dalla moglie Cosima, che impose una sorta di religiosa osservanza delle volontà del consorte. 

Le stagioni presero a susseguirsi con regolarità e la «collina verde», ove il teatro sorge, si affermò come luogo culto: interruzioni forzate nella storia del Festival, oltre a quella attuale, si registrano solo nei due dopoguerra – dal 1945 al 1951, in particolare, come esito della collusione tra pensiero wagneriano e ideologia nazionalsocialista e dei personali legami di Winifred Wagner con Adolf Hitler. Dal 1951, tuttavia, tra critiche e ingombranti eredità storico-culturali, sotto la lunghissima direzione di Wolfgang Wagner, nipote del compositore, si fece largo il “nuovo stile Bayreuth”, aprendosi a interpretazioni moderne, grazie anche alla creazione della Wagner Werkstatt, un gruppo di giovani direttori e registi impegnati nelle nuove produzioni, attese ancora oggi come un rito teatrale-musicale irrinunciabile dai cultori wagneriani e dai melomani. Che però dovranno aspettare un altro anno, stavolta.

Silvia Del Zoppo

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