Compie 86 anni Alberto Basso, uno dei padri della musicologia italiana. Molti decenni di studi e ricerche materializzati in un’affascinante biblioteca musicale, tra le più ricche d’Italia: si trova a Saluzzo, capitale dell’antico Marchesato.
Quasi ventimila LP, CD, musicassette, partiture, programmi di sala, riviste, lettere. Tredicimila volumi di contenuto musicologico, monografie, dizionari, numerose annate di riviste internazionali di musicologia, programmi di concerti, cataloghi di autori. Soprattutto l’intera
, cioè l’edizione critica integrale di tutte le opere di Bach: in totale 120 volumi più altrettanti di commentari critici, oltre a 700 volumi di studi critici e partiture. A ciò si aggiungano numerosi lasciti di fondi e collezioni anche di altre materie, arte, architettura, narrativa, teatro. In totale circa 56mila unità bibliografiche. Nel cuore storico di Saluzzo, il quattrocentesco ex-Monastero dell’Annunziata accoglie dal 2008 una delle più affascinanti biblioteche d’Italia, quella dell’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte. Domina tra queste mura la figura di un erudito d’altri tempi, un vero enciclopedista alla Diderot e D’Alembert, che coniuga empirismo e scienza, sommati a un’inesauribile energia intellettuale e a una portentosa capacità di lavoro.

Alberto Basso è torinese, classe 1931, musicologo, bibliotecario, storico, e studioso di fama internazionale. Innumerevoli le sue pubblicazioni e le direzioni di opere collettive e collane. Il titolo forse più celebre è Frau Musika. La vita e le opere di J.S. Bach due volumi pubblicati tra il 1979 e il 1983 da EDT. Ma come non citare i tre volumi della Storia della musica dalle origini al XIX secolo, per Utet, 2004-2005. I Mozart in Italia. Cronologia dei viaggi, documenti, lettere, dizionario dei luoghi e delle persone, Accademia Nazionale di Santa Cecilia 2007. Da ricordare ancora il singolare studio L’invenzione della gioia. Musica e massoneria dell’età dei lumi, Garzanti 1994. Poi la direzione di opere enciclopediche monumentali, a partire dal grandioso DEUMM, Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, tredici volumi per un totale di quasi diecimila pagine, pubblicato da UTET tra il 1983 e il 1990. La Storia dell’Opera in tre volumi e sei tomi, Utet 1977, altre 3700 pagine. E molto altro. Le collane, ne ricordiamo solo due: Il Gridelino (pubblicati 24 volumi), Le chevalier errant (10 volumi), e via scrivendo per decine di migliaia di pagine. Le opere più recenti di Basso sono il Manuale di navigazione ancora su Johann Sebastian Bach, tre volumi per oltre 1500 pagine, Nino Aragno editore, 2015. Infine, l’anno scorso in concomitanza con l’85esimo compleanno, L’Eridano (il Po n.d.r.) e la Dora festeggianti – Le musiche e gli spettacoli nella Torino di antico regime, due massicci volumi di grande formato per un totale di 1250 pagine, una storia della vita musicale sabauda dalle origini del ducato alle soglie dell’Ottocento.
Professor Basso, da dove cominciamo? Magari proprio dalla sede in cui ci troviamo, l’Istituto?
Sì, in fondo l’Istituto riassume e documenta tanta parte della mia carriera. Tutto comincia nel 1986, quando fondai con altri studiosi l’Associazione per la ricerca delle fonti musicali in Piemonte, sul modello di analoghe associazioni sorte in altre regioni. Scopo, il censimento e la catalogazione degli sterminati fondi musicali conservati nelle biblioteche e negli archivi di tutto il Piemonte. Un lavoro che avevo cominciato da tempo, ma che evidentemente non potevo portare avanti da solo.
Quali furono le prime iniziative?
Direi la pubblicazione del catalogo completo dei fondi Mauro Foà e Renzo Giordano, conservati nella Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Una straordinaria vicenda di mecenatismo colto che tra il 1927 e il 1930 portò all’acquisizione di ben 483 antichi volumi di pentagrammi, tra i quali i ventisette di manoscritti di Antonio Vivaldi, quasi tutti autografi, di gran lunga la più importante raccolta vivaldiana al mondo. Una riscoperta storica. Nel novembre 1987 ne derivò una mostra allestita nella stessa Biblioteca Nazionale, che andò poi in trasferta alla Buchmesse di Francoforte e a Madrid. Era la prima volta che i preziosi manoscritti debuttavano, per così dire, in pubblico. Negli anni seguenti, l’intenso lavoro di censimento e catalogazione ha coinvolto una quarantina di ricercatori. Non è poco.
Ricordo che avete affrontato anche le fonti iconografiche e gli strumenti legati alla tradizione liutaia piemontese, quella del saluzzese Chiaffredo Cappa, di Giovanni Francesco Pressenda, e Giovanni Battista Guadagnini. Di qui la pubblicazione di numerosi altri cataloghi e collane di studi.
Infatti. L’Associazione aveva assunto una sorta di ruolo istituzionale, da vero istituto di ricerca. Grazie anche all’appoggio degli enti locali e degli istituti bancari, nel 1993 cambia nome e si trasforma in Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, con sede legale a Torino.
Qui nasce quella che resta forse l’iniziativa più straordinaria, sua e dell’Istituto, la Vivaldi Edition.
È vero. Fin dagli anni Sessanta del secolo scorso mi ero impegnato in una capillare esplorazione dei manoscritti vivaldiani delle Biblioteca Nazionale, poi ero stato assorbito da altre imprese musicologiche. Dopo la pubblicazione nel 1987 del catalogo di cui ho detto, nel 2000 ho deciso di lanciare questo progetto ambizioso, cioè la registrazione discografica integrale di tutte le circa 450 partiture vivaldiane raccolte nei fondi Foà e Giordano. La realizzazione tecnica fu affidata a una compagnia di dischi parigina, dapprima Opus 111, poi assorbita e continuata da Naïve, e la direzione artistica alle cure della musicologa italo-americana Susan Orlando. Finora sono stati pubblicati 59 CD, al ritmo medio di tre-quattro all’anno, per un totale di oltre 600mila dischi venduti.
Un bel record, possiamo dirlo. Purtroppo un paio di anni fa Naïve ha chiuso i battenti, e tutto si è fermato…
Purtroppo, anche perché si era già a due terzi dell’impresa. Per fortuna, Vivaldi Edition è stata acquistata mesi fa dalla compagnia francese di distribuzione digitale Believe, e Susan Orlando può riprendere il suo lavoro, con i migliori musicisti e gruppi specializzati disponibili. Ogni registrazione è infatti considerata di riferimento. Il prossimo CD sarà dedicato all’opera Dorilla in Tempe, un pasticcio cui hanno messo mano oltre a Vivaldi, altri grandi come Hasse e Leo.
Inutile ricordare che la sua carriera non è legata solo alla Vivaldi Edition, né all’Istituto. Proviamo a riassumerne le tappe principali.
Mi sono laureato in giurisprudenza con una tesi in filosofia del diritto con Norberto Bobbio nel 1956, ma già sapevo che i miei veri interessi erano rivolti agli studi musicali. Fin dal 1952, poco più che ventenne, avevo vinto un concorso nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione con una monografia sull’opera di Stravinskij. Procedendo per sommi capi, dal 1961 al 1974 sono stato docente di Storia della Musica presso il Conservatorio di Torino, diventandone poi direttore della biblioteca fino al 1993. In seguito, presidente della Società Italiana di Musicologia dal 1973 al 1979 e dal 1994 al 1997, e membro del Consiglio di amministrazione del Teatro Regio di Torino dal 1969 al 1978. Dal 1982 Accademico Nazionale di Santa Cecilia a Roma, e dal 1996 al 2012 ne sono stato vicepresidente. Nel 1994 mi sono trasferito Pecetto Torinese a Saluzzo. Nel 1995, ho fondato la sezione saluzzese dell’Istituto, donando poi nel 2008 al Comune la mia biblioteca personale, che rimane però ospitata nei locali dell’Istituto.