Un intero piano sequenza, che si snoda per oltre un’ora e mezza tra le sale del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. Quella di Aleksandr Sokurov è una lunga, onirica ed enigmatica soggettiva che attraversa le stanze dell’antica residenza degli zar, oggi sede dell’Ermitage, muovendosi nello spazio così come nel tempo, raccontando la corte russa fino alla sua drammatica fine.
Migliaia gli attori e i tecnici danno vita a questo sguardo monumentale, seguito in Steadicam per decine di sale dell’attuale museo e sono Sergej Evtušenko e Valery Gergiev a plasmare la materia sonora: il primo dirigendo la State Hermitage Orchestra su partiture di Philipp Telemann, Herny Purcell e Pëtr Il’ič Čajkovskij; entrambi soffermandosi su Michail Glinka. In modo particolare, Evtušenko con un “Notturno” del compositore russo, Gergiev con una “Mazurka” tratta dall’opera “Una vita per lo zar”.
Glinka, del resto, non è scelto casualmente: il musicista scompare un paio di anni dopo lo zar Nicola I e in piena crisi russa, politica ed economica, ma nondimeno culturale. Il gusto europeo infatti invade la corte e prende il sopravvento sulle arti, offuscando un’idea identitaria originale del popolo russo. Ed è proprio con Glinka che accade qualcosa: mutuando idee e melodie dai canti popolari e portandoli nella musica colta, egli genera l’incontro tra la lezione del Romanticismo europeo da un lato, ma esaltando il gusto più spiccatamente russo dall’altro.
Si apre così una breccia nell’attenzione verso il repertorio folklorico, canzoni e danze popolari diventano simbolo di un’identità in netta contrapposizione alle influenze europee. Alla lezione glinkiana si ispira anche Milij Balakirev, considerato il fondatore del Gruppo dei Cinque: quei compositori che, nella seconda metà del XIX secolo, invadono San Pietroburgo con le loro “musiche russe”, in antitesi alle mode occidentali.
Tornando a Glinka, “Una vita per lo Zar”, che debutta proprio a San Pietroburgo nel dicembre del 1836, è il primo lavoro del compositore con cui si gettano le basi per un’opera russa. La scelta di questo artista per la colonna sonora del film, tra sospensione onirica e anelito verso la dissoluzione, è sublime.