«Amonasro sono io»: Special Guest il baritono George Gagnidze

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Special Guest di amadeusonline è il baritono George Gagnidze, da oggi protagonista al Teatro alla Scala come interprete di Amonasro nell’Aida di Verdi firmata da Franco Zeffirelli. A seguire la sua testimonianza su un ruolo che gli sta particolarmente a cuore.

«Amonasro è uno dei ruoli che ho cantato più spesso nella mia carriera, e sempre nei maggiori teatri internazionali: vi ho debuttato al Metropolitan di New York nel 2012, e l’ho ripreso in quel prestigioso teatro nel 2015 e 2017, poi all’Opéra National di Parigi e a San Francisco Opera nel 2016, al Teatro Real di Madrid appena il mese scorso, alla Staatsoper di Berlino, e al Teatro alla Scala nel 2015, e appunto adesso di nuovo nella sala del Piermarini, a partire dall’8 giugno.

Nonostante sia un ruolo relativamente breve, è essenziale, psicologicamente cruciale allo svolgimento dell’azione: è lui che, sin dalla sua entrata, cambia la direzione della storia di quest’opera, e soprattutto è un’eccellente incarnazione del tipico padre verdiano che volente o nolente in pratica “distrugge” il figlio, o la figlia, come in questo caso. Per questo re guerriero provo un’affinità particolare perché come me ha un forte amore e attaccamento verso la sua patria. Spesso viene considerato un “villain”, il cattivo della situazione; secondo me al contrario i motivi di Amonasro possono persino esser considerati nobili, in quanto è un re che deve e vuole salvare la sua terra e la sua gente a tutti i costi. In una sublime melodia come “Rivedrai le foreste imbalsamate” si nasconde l’essenza, l’ambiguità se vogliamo, del personaggio: se le sue intenzioni sono nobili, il risultato però è in pratica la condanna a morte della figlia, motivo questo, come accennato, tipicamente verdiano. Nel canone verdiano, se non erro, sono solo due i padri che in un modo o nell’altro non contribuiscono alla disfatta della loro prole: Simon Boccanegra e Miller. Amonasro è quindi in definitiva un ruolo che mi ha sempre donato molte soddisfazioni, e che mi si addice da un punto di vista vocale e psicologico.

 

Sono onorato di poter riprendere questa parte al Teatro alla Scala, teatro in cui ho già avuto il piacere di cantare questo capolavoro verdiano nel 2015, nella produzione di Peter Stein; adesso invece la Scala riprende il celeberrimo allestimento storico di Franco Zeffirelli che per molti spettatori rappresenta l’Aida per antonomasia. Sono felicissimo di ritrovare molti colleghi con cui mi sono esibito spesso, e proprio in Aida, come Krassimira Stoyanova, Violeta Urmana e Fabio Sartori, il “mio” Radamès alla Scala tre anni fa. E soprattutto sono felice di collaborare ancora una volta con il grande Maestro Daniel Oren, che fra l’altro, mi ha diretto in un’edizione di Aida che mi sta particolarmente a cuore, quella al Teatro dell’Opera di Tbilisi, la mia città natale, per non parlare del Nabucco con cui abbiamo inaugurato la scorsa stagione del Festival dell’Arena di Verona.

È inoltre molto emozionante cantare questo ruolo in questo teatro, dove sono passati i più grandi baritoni della storia, con un pensiero speciale ad uno dei miei preferiti colleghi di corda, il grandissimo Aldo Protti, che fu il primo Amonasro in quest’allestimento zeffirelliano che venne inaugurato nel 1963.

Infine vorrei spendere alcune parole sul mio rapporto speciale che si è instaurato con il Teatro alla Scala: oltre all’Aida già menzionata ho debuttato in questo tempio della musica nel 2007 nel ruolo di Giorgio Germont ne La traviata diretto da Lorin Maazel; nel 2012 sono tornato con uno dei miei ruoli più frequentati, Scarpia in Tosca, e alcuni mesi dopo ho preso parte alla prima dell’allestimento di Rigoletto a cura di Gilbert Deflo, ruolo che ho ripreso l’anno successivo. Una collaborazione ricca di soddisfazioni che spero possa continuare nel tempo».

Immagini Ph. Dario Acosta

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