AAA cercasi controtenori: intervista a Raffaele Pe

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Tra gli artisti protagonisti del Festival della Valle d’Itria quella di Raffaele Pe è stata una presenza importante e apprezzata in ben due appuntamenti della rassegna giunta alla 44sima edizione: Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti, in cui ha interpretato il ruolo di Erminio, e la Messa (detta di Milano) per soli, coro maschile e strumenti obbligati di Gioachino Rossini.

Il raro titolo, una commedia in tre atti su libretto di Francesco Antonio Tullio, fu  composto da Scarlatti nel 1718. Il festival pugliese ha colto l’occasione del terzo centenario dalla composizione per riportarlo in scena affidandone l’esecuzione a Jacopo Raffaele, impeccabile alla guida dell’Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria, e alla ben sortita compagine vocale formata da Nico Franchini, Francesco Castoro, dagli allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” Rachael Jane Birthisel, Erica Cortese, Federica Livi, Patrizio La Placa, Suzana Nadejde e, naturalmente, da Raffaele Pe. Nella cornice architettonica della masseria Palesi di Martina Franca, la compagnia Eco di fondo ha curato la messa in scena, realizzando uno spettacolo assolutamente gradevole e divertente.

In occasione della seconda recita de Il trionfo dell’onore abbiamo avuto una gradevole conversazione con il controtenore Raffaele Pe che ci ha rivelato impressioni e considerazioni sull’opera e sul ruolo interpretati e sulla sua esperienza al festival. «È la prima volta che vengo al festival di Martina Franca – racconta sorridente Raffaele Pe – che conoscevo per la sua fama. Arrivo da un festival inglese di simile vocazione, con rappresentazioni di opere in un luogo ameno qual è la campagna inglese. Tuttavia, posso dire che quando sono arrivato qua sono rinato. In questo festival si respira un’atmosfera che non si trova da nessun’altra parte; si è in contatto con tanti altri colleghi e in un luogo fortissimamente italiano dove percepisci il lavoro che stai facendo come un vero e proprio laboratorio artistico. Spesso si fa riferimento a festival operistici come Aix en Provence, Summer Festival, solo per citarne alcuni, che sono sicuramente importanti; ma qui non abbiamo nulla da invidiare e credo che quei festival probabilmente non riuscirebbero a imitare una realtà come quella del Festival della Valle d’Itria tanto è unica come luogo e come produzione artistica allo stesso tempo. E poi qui siamo tutti trentenni e per me è una grande gioia pensare che esiste questa generazione che si affaccia alla carriera al fianco di colleghi più esperti e può raccontare il proprio impegno nella ricerca, soprattutto nell’ambito della musica antica e barocca che, naturalmente, io amo moltissimo».

Festival Valle Itria 2018, Il trionfo dell’onore, Ph. Cecilia Vaccari

Certamente questa è una peculiarità importante del Valle d’Itria e conferisce al festival un carattere effervescente. In particolare quest’anno la presenza di artisti giovani è anche maggiore rispetto agli anni precedenti. 

«Si, è proprio un laboratorio in cui si lavora in sinergia, anche con persone che prima di venire qui conoscevi solo per fama; un luogo dove si riscontra sintonia artistica e dove nasce magari anche l’idea di realizzare qualche progetto insieme in futuro. Cose non proprio scontate, che non accadono facilmente».

Entrando più nel dettaglio della sua presenza al Festival della Valle d’Itria, quali sono le sue considerazioni su Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti, in generale, ma anche riguardo al ruolo di Erminio che lei ha interpretato?

«Trovo che anche in questa veste inusuale, ovvero dell’opera buffa, Alessandro Scarlatti mostri il suo straordinario alfabeto sonoro e la caratteristica cifra musicale dell’opera seria, declinata con molta efficacia nel racconto comico. Conosco abbastanza Scarlatti e posso dire che in quest’opera la sua scrittura rivela importanti novità, ad esempio una notevole presenza di duetti, trii e quartetti che in questo caso hanno uno sfondo assolutamente comico e lasciano presagire allo stile buffo di Piccinni e più in la di Rossini. Qui si sente che Scarlatti sta provando un nuovo linguaggio. Siamo nel 1718 e di lì a poco sarebbe fiorita la vera opera buffa napoletana. Tra l’altro, anche in questo lavoro, ma forse con un gusto più seicentesco, compaiono elementi della commedia dell’arte: i quattro caratteri buffi, per esempio, che in quest’opera sono fusi insieme a personaggi seri, anzi, serissimi direi e questo, di fatto, rende la storia molto divertente. Sembra quasi che Scarlatti faccia il verso a se stesso quando scrive l’opera seria, infatti, le parti di Erminio e di sua sorella Leonora sono realmente drammatiche, tanto nel libretto che nella musica scarlattiana, al pari dei titoli seri dell’autore».

Veniamo alla vocalità del ruolo. Quali sono le peculiarità della scrittura?

«La parte di Erminio è scritta per un mezzosoprano ed è estremamente virtuosistica. La partitura evidenzia come Scarlatti scriva per questo ruolo arie di furore, il che è anche una bella sfida per l’interprete. Dopo aver cantato, Händel, Vivaldi, è una bella sorpresa per me scoprire in Scarlatti una scrittura vocalmente “facile”, ossia certamente virtuosistica, ricca di note e che tuttavia siede sempre in un posto della voce molto corretto come se il compositore ne avesse, appunto, una vera scienza. Penso che questa sapiente peculiarità artistica sia anche il motivo per cui, rispetto ad altri compositori del Settecento europeo, Scarlatti è stato l’unico ad essere nominato cavaliere e ad avere accesso all’Arcadia, un privilegio che oltre a lui fu dato solo ad Arcangelo Corelli. Credo che questa cosa non sia successa a caso».

La musica barocca è musica antica anche se spesso sorprendentemente moderna ed è particolarmente impegnativo divulgare e far amare questo repertorio. Lei come affronta questo compito?

«Il mio interesse per la musica barocca nasce da quando ero bambino e potrei dire, in modo forse un po’ retorico, che ho sempre sentito una forte sintonia con questa musica. Penso che se le persone lasciassero cadere il pregiudizio e ascoltassero di più questa musica si troverebbero coinvolti in una bella festa di balli, di danze anche molto legate alla cultura popolare, cosa che la musica cosiddetta classica ha tentato fortemente di evitare negli anni successivi. La musica è capace di muovere l’anima. Io credo che i compositori d’epoca barocca avessero cognizione di questo valore e hanno avuto la grande capacità di abbracciare il popolare con l’aulico, il retorico con il popolare e di rendere il teatro una fonte di gioia».

Festival Valle Itria 2018, Il trionfo dell’onore, Ph. Cecilia Vaccari

Quella del controtenore è una vocalità molto particolare. Che accoglienza trova in Italia e all’estero?

«Questo è un momento storico perché fortunatamente è una vocalità richiestissima. Personalmente sono costantemente al lavoro su partiture anche molto differenti fra loro. Ad esempio lavoro sull’opera del Seicento, ma mi viene chiesto anche Rossini perché oggi la tendenza dei direttori artistici è quella di aprire a questa vocalità le porte anche della sperimentazione. Personalmente sono molto contento perché con questa vocalità c’è ancora tanto da dire. Il festival di Martina Franca negli ultimi anni è stato foriero al riguardo, pertanto, sono contentissimo di esserci stato».

I suoi impegni dopo il Festival della Valle d’Itria?

«Parto per un tour in Germania dove canterò i Concerti sacri di Scarlatti i quali probabilmente costituiscono la sua produzione più raffinata, e in autunno sarò a Cremona con il Rinaldo di Händel diretto da Ottavio Dantone mentre nella nuova stagione debutterò a Vienna con l’Orlando di Händel».

Immagine di copertina Ph. Kaupo Kikkas

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