Wayne Marshall è un’ondata di energia, forte della sensibilità del controllo. Quando prende possesso del pianoforte, da cui guida anche l’orchestra, la fluidità e la naturalezza con cui si muove tra i tasti si mescolano al rigore del tempo, un tempo che sembra il suo tactus interno per l’estrema disinvoltura con cui lo padroneggia.
Il pianista e direttore inglese che a Palermo abbiamo avuto la fortuna di ascoltare tanti anni fa anche nelle vesti di organista improvvisatore ha diretto sabato sera l’Orchestra del Teatro Massimo nel duplice ruolo di solista, registrando il sold out con George Gershwin e Duke Ellington. È strano ascoltare questa orchestra alle prese con questo programma che pure è essenzialmente il jazz classico delle sale da concerto. Sembra muoversi con poco agio ma con tanto animo e divertimento, col desiderio di lasciarsi andare al ritmo, al gioco, alla leggerezza che nelle scalette canoniche è decisamente meno presente, classique oblige. E anche il pubblico si rilassa, tanto che, in barba al codice di una forma che ha la struttura tradizionale sebbene adotti un altro linguaggio, applaude tra il primo e il secondo movimento del Concerto in fa per pianoforte e orchestra di Gershwin.
In questo brano Marshall ha mostrato sin dall’attacco al pianoforte una gestione del tempo che condensa il ritmo e la liquidità del jazz, in un dominio che fa pensare al rubato chopiniano, sempre nel tempo e fuori dal tempo, anche con le escursioni dinamiche, con la scorrevolezza con cui sembra quasi sfiori appena i tasti che tuttavia suonano tutti chiari, “detti”. Stacca il tempo per gli attacchi a voce alta, dirige a mani nude nella suite di Ellington che è la versione jazzistica dello Schiaccianoci di Čajkovskij, adattata per orchestra da Jeff Tyzik con tanti nuovi colori, qualche brano in meno e delle variazioni di ordine (The Nutcracker Suite). I percussionisti, tutti, e qui il batterista in particolare, hanno tenuto l’ossatura del tempo mentre in grande spolvero si è mostrato il sax solista nel finale. Per guadagnare però quella fluidità del Marshall pianista ci volevano evidentemente più prove o una certa abitudine al repertorio di questa serata, apertasi con la frizzante ouverture da Girl crazy di Gershwin e chiusasi ancora con Gershwin e il suo An American in Paris.
Non solo il pubblico è entusiasta della performance ma anche l’orchestra applaude il suo direttore insieme ai ragazzi della Kids orchestra, l’organico della fondazione di recente costituzione, fatto di giovanissimi dai sette ai quindici anni. I 110 musicisti in erba assistevano al concerto da un punto di osservazione e di ascolto privilegiato, subito dietro l’orchestra, dove normalmente sta il coro in concerto (la postazione era già montata per a serata del giorno successivo), lì a guardare i loro tutor ovvero i professori d’orchestra e a studiare la gestualità del maestro: un’occasione quindi di formazione alternativa.
Immagine di copertina Ph. Franco Lannino