Controverso, irriverente, travolgente e geniale. Affascinante. Lui, Teodor Currentzis quanto il suo Requiem di Verdi. Può apparire in qualche misura sfrontato proporre il capolavoro verdiano, in una rilettura interessante ma decisamente fuori dagli schemi, proprio nel luogo in cui è stato eseguito per la prima volta, la Basilica di San Marco a Milano.
Eppure la sua autorevolezza gli consente ormai di farlo con un grande seguito di osannanti. Soprattutto musicisti e addetti ai lavori in senso stretto, stregati da una persuasiva risposta alla frequente domanda, valida per tanti capisaldi del repertorio classico: cosa troverà di originale ancora da dire dopo le interpretazioni dei più grandi? Ecco, Currentzis in questo è maestro. Musicista di rara profondità e arguzia, alla guida del suo esercito di adepti “made in Perm”, riesce a proporre delle interpretazioni dall’innegabile fascino. Esaspera, cesella, mixa con teatralità e pathos degni della grecità che porta nel sangue.
Il suo segreto? Un carisma fuori dal comune e profonda consapevolezza e conoscenza del linguaggio di cui si fa interprete. Così è o non si spiegherebbe come riesca a tenere testa ad una compagine orchestrale di assoluta eccellenza che fedelmente traduce in suono ogni minuzia del suo originale disegno. Va ammesso che dietro al progetto di cui tanto si discute e a tali sorprendenti risultati vi sono una quantità di prove oggi impensabile per ogni altra orchestra e un entusiasmo proprio solo delle “giovanili”. Ma sono proprio questi gli ingredienti che gli hanno consentito di distinguersi e rendere MusicAeterna una realtà unica nel suo genere. A rimpolpare le fila dei suoi di provenienza russa, in occasione di questi due giorni milanesi di registrazione e concerto finale, anche musicisti provenienti da blasonate compagini orchestrali europee accorsi al richiamo, ammaliati dal suo “canto”.
Ma torniamo all’evento del 12 aprile promosso dalla Società del Quartetto. Fuori dalla Basilica di San Marco il clima caotico e festoso del Fuori Salone stride con l’atmosfera raccolta del rito in programma nella gremita basilica. Il pubblico – esortato a non applaudire né prima né dopo l’esecuzione – si dispone tra le bancate. Entrano coro e orchestra con indosso delle lunghe tuniche nere come pope ortodossi. Dal pulpito giunge la declamazione in latino dei versi del capitolo 24 del Vangelo secondo Matteo, seguiti dal “Libera me Domine”. L’atmosfera si fa incredibilmente intima. In una suggestiva, quanto inconsueta, miscela di sacro e profano.
La musica si diffonde: da un pianissimo mozzafiato ha inizio la magia. Se il suo Requiem verdiano può apparire provocatoriamente enigmatico alla vista, non altrettanto registra l’udito. Nonostante scelte agogiche inconsuete e insoliti fraseggi, la tavolozza dinamica e l’espressività dell’ensemble di Perm sono come sempre sbalorditive. Così come lo sono precisione e virtuosismo, ben percettibili nonostante la generosa acustica di San Marco. Bene anche le voci, in particolare quelle femminili: il soprano Zarina Abaeva dai meravigliosi filati e dalle emozionanti messe di voce e dell’altrettanto degno di nota mezzosoprano Ève-Maud Hubeaux. Meno convincenti, seppur di alto livello, le voci maschili del tenore Dmytro Popov e del basso Tareq Nazmi.
La musica cessa, lascia spazio ad un improvviso e oscuro silenzio. Currentzis, visibilmente provato, lascia il podio e guida i suoi verso l’uscita sfilando in una sorta di inquietante processione. Svariate le reazioni suscitate nell’uditorio: da quelle contrariate, talvolta scandalizzate delle “signore bene” della borghesia cittadina, a quelle entusiastiche e positivamente incuriosite di chi la musica non si limita ad ascoltarla. Se è vero che “bene o male purché se ne parli”, il risultato è più che ottenuto. La fama di Currentzis e di MusicAeterna continuano a crescere in modo esponenziale. A conferma del loro ormai consolidato riconoscimento di eccellenza del panorama internazionale. Si può convenire o dissentire ma si chiamano stimoli. E in un mondo spesso ingessato e “sofferente di eccessiva staticità” come quello della musica classica, sempre di più occorrono. Basta che a proporli – con talento e intelligenza – siano inconfutabili personalità. Veri Musicisti.
Immagine di copertina Ph. Nadia-Romanova