Nuovi volti della musica contemporanea: Lisa Streich

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Viene da un piccolo paese, Norra Råda, sperduto nel cuore della Svezia. Diecimila anime. Ha studiato organo e composizione a Berlino, Stoccolma, Salisburgo, Parigi, Colonia. Ha avuto tra i suoi insegnati Adriana Hölszky, Johannes Schöllhorn, Chaya Czernowin, Beat Furrer, Mauro Lanza. Ma poi si è trasferita a vivere lontano dalle capitali della musica contemporanea: nell’isola di Gotland, nel mar Baltico, dove in realtà si è costituita una piccola comunità di compositori.

Lisa Streich, classe 1985, è una compositrice atipica e proprio per questo interessante, e ultimamente molto ricercata. La sua musica tocca spesso questioni spirituali e filosofiche, attraverso materiali semplici, anche grezzi, ma con una scrittura strumentale minuziosa (la notazione arriva a prescrivere addirittura la velocità dell’archetto sulle corde), e con un uso simbolico degli strumenti, delle loro disposizioni nello spazio, per dare forma a strutture musicali geometrizzate, di carattere rituale.

È una musica che sembra evocare le forze della natura, le sue pulsazioni. È una musica sensoriale e sensuale, dotata di un delicato spettro di colori, ma capace di una potenza espressiva lancinante. Lo dimostra il gioco di risonanze, dissonanze, rumori e soffi di Agnel (2013) per coro, voci bianche, oggetti e elettronica; o l’uso del violoncello motorizzato (insieme all’ensemble) in Pietà (2012): delle strisce di carta, fatte ruotare da piccoli motori posti sul violoncello, colpiscono lo strumento (questo suono è amplificato da piccoli microfoni) trasformandolo in un corpo martirizzato, torturato. Questa simbiosi tra elementi meccanici, all’apparenza giocosi, e l’idea cristologica del sacrificio ha l’intensità di una preghiera rapinosa.

Motori ed elementi meccanici entrano in gioco anche in Sai ballare? (2015) per pianoforte, violino e violoncello motorizzato, in Zucker (2016) per ensemble motorizzato, in Play Time (2012), tributo a Jacques Tati, che sfrutta le ruote di una bicicletta capovolta, in Älv Alv Alva (2012) che usa dei tagliauova come strumenti a pizzico, in Der Zarte Faden Den Die Schönheit Spinnt (2014) dove i percussionisti usano vari oggetti di plastica, di metallo, di cuoio, per creare trame sonore fragili, impalpabili, anche sequenze reiterate e ritmi danzanti, come strane danze di elfi.

In Segel (2017) la Streich quasi dematerializza l’orchestra, la trasforma in una superficie traslucida, carica di tensione, fatta di cluster microtonali, punteggiata da colpi di frusta e dal mormorio degli stessi orchestrali, intrecciata con echi di meloide gregoriane. Una dimensione metafisica, siderale domina nel recente Stabat (2017) per 32 voci suddivise in quattro cori, composto durante il soggiorno della compositrice all’Accademia tedesca di Roma, incantevole e ipnotico gioco policorale, pieno di risonanze ed effetti di spazializzazione.

Da non perdere, per chi passasse a fine maggio (il 25) da Colonia, il nuovo lavoro per quattro cori e ensemble, intitolato Predella, che verrà eseguito nella Cattedrale di Colonia dal Vokalensemble Kölner Dom e dalla Gürzenich Orchester diretti da François-Xavier Roth. Riflessione sulla vita e sulla morte come universi paralleli, e sull’idea cattolica del Purgatorio, Predella mira a creare un vortice di suoni intorno agli ascoltatori, con i quattro cori, un quartetto d’archi e un gruppo di ottoni, che canteranno e suoneranno da diverse postazioni all’interno della cattedrale. I coristi suoneranno anche cinque xilofoni messicani, strumenti artigianali, non perfettamente intonati, che contribuiranno a creare l’effetto del crepitio delle fiamme: quelle del Purgatorio, rappresentate nel bassorilievo ligneo della predella d’altare della cattedrale di Bad Wimpfen, che è stata la fonte d’ispirazione per questo lavoro.

Alcune composizioni di Lisa Streich si possono ascoltare sul suo sito (www.lisastreich.se) e nel recente cd monografico pubblicato dalla Wergo (WER 64252).

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