Gianluca Marcianò: «Konstantin Ishkhanov ha “fatto miracoli” supportando iniziative culturali». Marcianò è un pianista e direttore d’orchestra italiano, che oltre ai suoi numerosi impegni d’interprete è direttore artistico del Lerici Music Festival e direttore ospite principale della Armenian State Symphony Orchestra (ASSO). Il 19 aprile di quest’anno dirigerà la Jerusalem Symphony Orchestra come parte dell’InClassica International Music Festival a Malta (dal 17 aprile al 11 maggio).
Lo abbiamo incontrato per riflettere sui tumultuosi eventi dello scorso anno e per sapere di più sul suo ruolo nella prossima edizione del festival.
Il 2020 è stato ovviamente un anno particolarmente impegnativo per la cultura e le arti. Qual è stato dal punto di vista professionale l’impatto degli eventi dell’anno scorso?
«All’inizio di marzo ho ricevuto una telefonata dal mio agente e successivamente da altri produttori. Le telefonate erano purtroppo finalizzate all’annullamento dei contratti e in quei giorni mi sembrò che tutto si fosse fermato. Ovviamente non avevo idea di quando sarebbe finita la crisi, il “blackout”. Non ebbi nemmeno il tempo di essere sopraffatto dalla tristezza tanto tutto fu inaspettato…un vero shock. Senza aver avuto nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia cercai subito di trovare dei risvolti positivi. Pensando, per esempio, a quanto potesse essere bello fermarsi un po’ e aver modo di pensare ad altre cose oltre che alla mia professione: alla famiglia, alla casa…ma iniziai anche a comprendere quanto tutto fosse strettamente connesso. Cioè, stare fermi, senza almeno un progetto su cui lavorare o alcuni obiettivi da raggiungere, può condizionare tutto il resto».
Quale spiegazione ha quindi addotto per ciò che stava accadendo?
«Riflettendo sulla nuova condizione indotta dall’improvvisa emergenza sanitaria ho compreso che non si diventa semplicemente depressi di per sé, ma si rischia piuttosto di vedere prevalere la pigrizia poiché viene meno il nostro tendere verso gli obiettivi che ci siamo prefissati; per questa ragione sentiamo la necessità di reinventarci. Oppure ci chiudiamo in uno spazio limitato, la casa, in attesa che accada qualcosa. Ho tentato quindi di trovare delle soluzioni e iniziato a pensare a quali avrebbero potuto salvarci. Mi riferisco a pensieri tipo: “Ok, forse in un luogo all’aperto troveremo una modalità differente mantenendo le distanze sociali…”, e così via. Poi, in termini di streaming, ho iniziato a riflettere su cosa fosse realizzabile con le varie opzioni multimediali e come lavorare, non per sostituire gli eventi live ma per rafforzarli e valorizzarli. Ero particolarmente felice di essere stato coinvolto nel Festival di Lerici in Italia l’estate scorsa, ma anche allora ricordo di aver pensato a cosa sarebbe accaduto dopo. Ero sicuro al cento per cento che ci sarebbe stata una seconda ondata. Sfortunatamente, questo è successo, proprio come ci si aspettava».
Qualcosa le è parso differente in occasione della seconda ondata?
«Penso che la convinzione più di diffusa fosse che saremmo stati preparati, ma, ahimè, così non è stato; tranne che per i tedeschi, va detto. Loro hanno un differente approccio, concepiscono la cultura come distinta dall’intrattenimento, e per questo agiscono in maniera differente. La cultura è necessaria, rappresenta una priorità nelle nostre vite in quanto nutrimento dell’anima. Anche i medici sostengono che se ci deprimiamo, il nostro sistema immunitario diviene deficitario e aumenta il rischio di contrarre malattie. Quindi, tutto è connesso e rilevante. Purtroppo, coloro che si trovano investiti della responsabilità di decidere non hanno trovato soluzioni adeguate, quindi anche questa volta abbiamo assistito e assistiamo alla cancellazione degli eventi. Inoltre, è difficile sapere quando e dove sia possibile proseguire con il nostro lavoro poiché, sebbene in alcuni Paesi siano consentite le performance live, restano le difficoltà collegate alle restrizioni per viaggi e spostamenti. Ad esempio, può capitare di potersi recare in un Paese ma non essere poi in grado di tornare indietro. Il mondo sta cambiando e in un modo che colpisce in particolare gli artisti del panorama internazionale. È necessario trovare delle nuove modalità idonee a risolvere il problema».
Quando immagina che le cose potrebbero tornare alla normalità?
«Non saprei, forse nell’estate del 2021 o forse da settembre. Ma fino ad allora dobbiamo andare avanti e continuare a produrre. È necessario trovare una soluzione ma, ovviamente, non esiste alternativa agli eventi dal vivo. Ripeto quanto ho detto all’inizio: dobbiamo considerare questa situazione un’opportunità. Non solo un evento terribile ma un’opportunità per andare avanti e per migliorare le cose; non c’è altra scelta e, ça va sans dire, arrendersi non è un’opzione contemplata».
Gianluca Marcianò © Fabio Gianardi
Crede quindi che anche da una situazione tanto complessa e difficile il settore possa trarre, in qualche misura, vantaggio?
«Sì, penso che anche questa difficile situazione possa essere un’occasione, un’opportunità ma penso anche che, qualunque soluzione si prospetti debba essere regolamentata. Ricordo che da adolescente compravo CD e dovevo stare molto attento alle mie scelte poiché avevo solo un piccolo budget a disposizione mentre adesso sono troppe le scelte possibili. È come quando si finisce per viziare un bambino: come potrà apprezzare il valore di un regalo che riceve se ha già tutto? Qualche giorno fa ho visto su Facebook un video in cui un ragazzino del Sud America – che viveva in un ambiente molto povero – sorrideva di gioia mentre apriva una scatola contenente piccoli regali come pastelli colorati, un libricino, alcune maschere e un po’ di carta…erano davvero doni simbolici, costati non più di dieci euro, forse. Ma lui li ha accolti dicendo: “È il miglior compleanno della mia vita, sono così felice!” Questo perché, non ricevendo doni continuamente, era in grado di apprezzarne il valore. Ecco, il concetto di valore è molto importante anche nel nostro caso, soprattutto quando si ragiona circa soluzioni online. La maggior parte dei musicisti è passata attraverso incubi dovuti alla critica, attraverso la mancanza iniziale di successo, notti insonni e così via. Può quindi non essere particolarmente gratificante avere tutti quei video su YouTube. Il pericolo, infatti, è che questa via di fruizione favorisca la pigrizia: “Ma ce l’ho lì ed è gratis, perché dovrei pagare per questo evento?” Certo, i concerti dal vivo hanno un prezzo che, certamente, non può essere il medesimo di un evento registrato o di uno in live streaming. Tuttavia, anche questi ultimi non possono essere gratuiti poiché costituiscono, comunque, un servizio che viene dato alle persone. C’è ancora del lavoro da fare, ovviamente, la qualità del suono deve essere migliorata e si dovrebbe, forse, prevedere una qualche interazione con il pubblico come la possibilità di avere un confronto con gli artisti o, ancora, contemplare esibizioni che prevedano un uditorio più ristretto. Sono molte le opzioni possibili, insomma, e dovremmo assolutamente tenerle in considerazione.
I Met, ad esempio, si sono concentrati molto su questo e hanno persino presentato delle uscite al cinema. Con tutte le telecamere e i primi piani dell’artista hai, infatti, la sensazione di essere sul palco. In questo modo hanno migliorato la nostra esperienza di opera e credo che si possa fare ancora di più per raggiungere più pubblico, potenziando, inoltre, anche la modalità di fruizione musicale dal vivo. Tuttavia, per mantenere uno standard elevato, questo servizio non può essere gratuito, permettetemi di insistere su questo aspetto; può essere economico ma comunque deve essere pagato. Non sto parlando di creare un altro Netflix, ma intendo dire che deve essere remunerato. Il mondo della musica potrebbe richiedere parametri diversi in questo momento, quindi troviamoli e allo stesso tempo costruiamo il nostro futuro».
Ma…cambiamo argomento: parliamo della sua profonda amicizia con il celebre tenore Joseph Calleja.
«Certamente, ho incontrato Joseph per la prima volta quando ci siamo esibiti al “Grange Park Opera”, in occasione di un evento molto speciale, l’inaugurazione del “Teatro nel Bosco”. Un nuovo teatro in cui Wasfi Kani, il fondatore del festival Grange Park Opera, decise di trasferire la sede (prima di trasferirsi nel Surrey, si trovava nell’Hampshire, a Grange). Il nuovo teatro è stato realizzato in soli otto mesi: un vero e proprio teatro nel bosco collocato in una bellissima tenuta, di proprietà di Bamber Gascoigne. L’inaugurazione fu affidata a me e Mr Calleja, con una produzione della Tosca. Le prove iniziarono a Londra per poi proseguire in teatro mentre la struttura era ancora in fase di ultimazione: è stato fantastico provare mentre i lavori erano ancora in corso! (ride). Joseph cantava “E lucevan le stelle”, quando ci siamo conosciuti era già ovviamente una grande star ma, nonostante questo, uno dei colleghi più umili e generosi che abbia mai incontrato. Mi avevano accennato a questa sua caratteristica ma si sa, constatarlo di persona è un’altra cosa. Fin dal primo giorno siamo diventati amici e musicalmente parlando la nostra intesa è stata massima. Lo considero un musicista incredibile, con una voce meravigliosa e sbalorditiva. Ma, come ho già sottolineato, la cosa più importante per me è stata conoscere il suo lato umano: tratta tutti allo stesso modo, sia che incontri un membro del coro o il Principe di Galles il suo atteggiamento è il medesimo, sempre molto rispettoso. La nostra amicizia è continuata negli anni e mi ha invitato a Malta in occasione di un suo concerto con Eros Ramazzotti. Avevamo programmato di mettere in scena un’altra produzione lirica della Gioconda all’opera di Grange Park. Ma, ovviamente, è intervenuta la pandemia da COVID-19 e abbiamo dovuto rinunciare. Siamo stati in contatto molte volte durante il lockdown per pensare a cosa avremmo potuto fare, Joseph è una persona che non si arrende facilmente. Mi ha detto: “Troviamo una soluzione, facciamo qualcosa”. E così, abbiamo avuto l’idea di organizzare qualcosa di speciale qui a Malta, alla luce del fatto che ha dovuto cancellare il suo concerto estivo. Abbiamo lavorato insieme ad una serie di concerti girati in luoghi fantastici a Malta, insieme ad altri acclamati artisti internazionali. I concerti sono stati poi trasmessi in televisione a dicembre. Abbiamo tenuto anche un concerto il 23 gennaio al Ljubljana festival in Slovenia: eravamo solo noi due e la Slovenian Philharmonic Orchestra. È bello sapere che Joseph si trova sempre dove può essere utile, sia come amico che come professionista.
Pensa che il suo ottimo rapporto con Joseph Calleja sia in parte dovuto alle similitudini tra le vostre due culture? – L’Italia ha avuto un enorme impatto culturale su Malta, dopotutto.
«Sa una cosa che mi sorprende di Joseph? Penso che troverei sciocche le differenze tra noi due. Parliamo sempre di molte delle tradizioni italiane, della cultura cinematografica, della cultura pop, delle barzellette…condividiamo le stesse barzellette. E ho scoperto che Malta e l’Italia sono molto affini: loro si preoccupano di molte cose con il nostro stesso atteggiamento. Inoltre, cosa fondamentale, sanno come divertirsi ed è davvero tanto importante! A proposito, Joseph parla un italiano perfetto; voglio dire, può persino imitare attori italiani famosi e ricorda ogni battuta di molti nostri film».
So che lei stesso conosce molte lingue…
«Beh non lo so, direi sì, parlo francese, inglese, sloveno, serbo-croato, russo e un po’ di georgiano».
Sarà tra i protagonisti dell’InClassica Malta International Festival quest’anno, un evento a cui ha partecipato anche nel 2019. Quale la sua opinione sullo sviluppo del festival da allora?
«Trovo che ciò che gli organizzatori, la European Foundation for Support of Culture (EUFSC), stanno facendo con questo festival – in realtà dovrei dire “festivals”, perché esportano il nome di Malta in tutto il mondo – sia molto speciale, e che il festival sia davvero diventato una vetrina di eccellenze del mondo della musica. In cartellone compaiono i migliori musicisti, le migliori orchestre e della gestione si occupa la migliore organizzazione. Lo staff che sta lavorando a questo progetto è incredibilmente professionale, serio e devoto alla causa. Sono tutti elementi e ingredienti che preludono al successo e si può sicuramente affermare che il festival previsto per il 2021 sarà probabilmente il più rilevante del 2021. Il numero di star è quasi assurdo, incredibile! Tutti i migliori artisti saranno lì. E chi va sul sito del festival e vede il programma…beh, non saprà rinunciare a niente! Passi da Martha Argerich a Grigory Sokolov e pensi: “Cosa c’è nel mezzo? Ah, Maxim Vengerov!” Non esiste nulla di simile, è qualcosa di unico. Inoltre, non è solo un festival, ma prevede anche un lato educativo grazie alla Malta Classical Music Academy (MCMA) dedicata ai giovani musicisti. E ovviamente anche il concorso, con veri premi, che offre la reale possibilità di costruire una carriera. Quindi, il concorso, la MCMA, il festival…si tratta di un unico pacchetto, nessun altro ha così tanto da offrire. In più, tutto questo è stato realizzato in pochi anni e rappresenta il risultato dell’ottimo lavoro di un’intera squadra. Sono orgoglioso non solo di poter partecipare ma, in qualche modo, di farne parte.
Konstantin Ishkhanov, Presidente della European Foundation for Support of Culture
Essere un pianista in che misura influisce sulla sua attività di direttore?
«In qualche modo semplifica notevolmente la vita perché, per lo più, i brani di repertorio sono quelli che hai suonato o studiato. È più facile seguire quello che sta accadendo e persino, talvolta, anticipare ciò che potrebbe accadere. Insomma, ci si sente decisamente più a proprio agio. Tuttavia, è necessario rimanere molto concentrati perché non si può mai essere sicuri di ciò che accadrà un secondo dopo. Dopotutto siamo esseri umani, le sorprese possono essere sempre in agguato».
Iniziare come pianista e divenire poi direttore d’orchestra: una naturale conseguenza?
«Assolutamente, capivo sempre di più che una carriera da solista – come pianista – non mi avrebbe completato come musicista. Che non sarei stato in grado di ottenere quello che, per me, pareva essere il “pacchetto completo”, anche se ovviamente ciò che lo costituisce è diverso per tutti. Per riuscirci, però, non sapevo esattamente quale direzione prendere. Ho sperimentato molti modi di far musica con il pianoforte: musica da camera, solista, accompagnamento di cantanti e pianista nei teatri. Ed è stato proprio mentre lavoravo nei teatri che in me si è accesa la scintilla: ho compreso la bellezza dell’opera, quanto sia completa come esperienza musicale e constatato quale peso abbia il direttore sulla performance. Da questo punto di partenza ho accumulato sempre più informazioni e, man mano, accresciuto il mio entusiasmo dinanzi all’idea di direttore come “deus ex machina”, come “colui che fa accadere le cose”, che aiuta l’insieme a diventare più fluido, a confluire in un’idea comune, che conduce verso un obiettivo e cerca così di ottenere il meglio. Talvolta ci si trova quasi a vestire i panni di uno psicologo che deve risolvere i problemi e, naturalmente, a volte si può anche cambiare e rivedere la propria visione e le proprie idee musicali. Si tratta, insomma, di un processo di influenza reciproca che porta alla creazione di un’idea non solo propria ma di tutti».
Pensa che queste due professioni siano più complementari e connesse di quanto si possa immaginare?
«Sì, per prima cosa parliamo, anche nel caso del pianista, di più di un rigo da seguire: leggendo verticalmente, con le mani che suonano simultaneamente ma in autonomia. Sul pianoforte puoi riprodurre l’intera orchestra usando un unico strumento, nessun altro strumento può farlo. Come pianisti abbiamo così tante possibilità a portata di mano!».
Quando prepara un concerto preferisce ascoltare le registrazioni o dedicare più tempo alla partitura?
«Direi dedicare più tempo al pianoforte: utilizzo, infatti, le riduzioni per pianoforte della partitura per arrivare così a comprendere esattamente cosa sia veramente rilevante armonicamente e in termini di forma. Questo processo di analisi è alla base del mio apprendimento della partitura, solo dopo passo all’ascolto delle registrazioni».
Come mai ritiene che l’ascolto possa venire solo dopo questo tipo di studio?
«Credo sia utile per aver modo di sviluppare una propria idea prima dell’ascolto di altre esecuzioni e non rischiare così di esserne eccessivamente influenzati. Solo dopo si può passare ad integrare un’approfondita conoscenza della partitura con nuove informazioni provenienti dalle registrazioni dei grandi, ascoltarne diverse e trarre ispirazione o cogliere qualche dettaglio che poteva magari essere sfuggito fino a quel momento».
Prima ha menzionato la EUFSC, ha già lavorato in passato con la Fondazione per altri progetti?
«Sì, sono stato presentato al Presidente della Fondazione, Konstantin Ishkhanov, a Roma. Ero stato invitato da un caro amico, il direttore Sergey Smbatyan, che mi ha consigliato di contattare la European Foundation for Support for Culture. Ora Smbatyan è direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di Malta… Ci conosciamo da molti anni. Allora la Fondazione aveva bisogno di un membro aggiuntivo della giuria per il concorso di pianoforte a Roma e Sergey suggerì il mio nome. Poi, al concerto del Teatro Argentina”di Roma, incontrai per la prima volta Konstantin. Quella sera cenammo insieme, fu così che scoprii una persona con un grande senso dell’umorismo, davvero unica. Da allora siamo rimasti in contatto. Rispetto e ammiro ciò che sta facendo per il mondo della musica classica e penso sinceramente che abbia fatto miracoli. È onesto, leale e mantiene assolutamente la parola data. Inoltre, ha standard molto elevati e, tra le mie esperienze, è così difficile trovare persone come lui… Si rifiuta di scendere a compromessi e questo è il segreto del suo successo. E, quando trova degli amici, si prende davvero cura di loro, crede davvero nella parola “amicizia”, insomma».
Il suo concerto all’InClassica Festival del 19 aprile con la Jerusalem Symphony Orchestra include nel programma una composizione di Alexey Shor, Composer-In-Residence di InClassica. Sulla musica di Shor?
«Tecnicamente, la sua scrittura prevede molte “sfide” per ogni strumento dell’orchestra, così come per i solisti. Quel che Shor scrive è molto virtuoso e ogni solista con cui ho lavorato, che si è trovato ad eseguire la musica di Alexey, afferma che scrive molto bene e con grande competenza. Per i musicisti è necessario molto studio per poter eseguire le sue pagine ma questo non toglie che la sua musica sia comunque facile da ascoltare. Oggi, soprattutto se si pensa alla musica contemporanea, sembra occorra leggere libri di filosofia per capire anche solo una battuta. Tuttavia, penso che il pubblico, soprattutto chi ascolta musica classica, debba poter uscire dall’auditorium in grado di cantare una melodia del concerto, portando qualcosa con sé. Penso questo anche riguardo alla musica pop, in effetti. Quindi sì, le nuove idee sono importanti, ma teniamo presente che la musica deve arricchirci e dovremmo essere in grado di conservarla e riprodurla anche solo nella nostra mente. In sostanza, credo sia necessario pensare al nostro pubblico, non solo ai professionisti. Ho visto molte volte la felicità del pubblico durante l’ascolto della musica di Alexey Shor, e questo è, indubbiamente, un successo».
Gianluca Marcianò sarà ospite dell’InClassica International Music Festival il 19 aprile.
Per biglietti e informazioni: inclassica.com
In copertina:Gianluca Marcianò © Factory Productions