Il canto epico del Kosovo alla Fondazione Giorgio Cini

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È una tradizione antica, che trae linfa vitale nel cuore della penisola balcanica: il canto epico leggendario del Kosovo affonda le sue radici proprio qui, dove si incrociano le terre di lingua slava e albanese. Al fenomeno è stata dedicata, il 13 novembre scorso, di un’intera giornata di studi presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Qui, un seminario a tema “Il canto epico: il testo e la performance”, seguito da una performance dal vivo, hanno fatto rivivere l’epica kosovara nella Laguna.

Vitalità, longevità e straordinaria ricchezza del repertorio di questa tradizione fanno sì che, già dagli anni ‘30, sia stata oggetto di studio di due eminenti studiosi quali Milman Parry e Albert Lord. I due innescano peraltro una rivoluzione: dallo studio accademico dei poemi omerici, approdano infatti alla ricerca sul campo, scoprendo nella penisola balcanica una fucina creativa.

Le pietre miliari fissate da Parry e Lord sono quindi punto di partenza per il seminario alla Cini. In occasione dell’incontro, si è parlato infatti del rapporto tra due componenti della tradizione epica, quella performativa e le forme di testualizzazione, già evidenziati dagli studiosi.

I lavori sono stati coordinati da Nicola Scaldaferri dell’Università di Milano, che vanta un’intensa attività di ricerca sul campo nell’epica balcanica, e ha visto protagonisti: David F. Elmer, professore di studi classici ad Harvard e curatore della Milman Parry Collection, tra i maggiori studiosi di Omero ed esperto di epica in lingua slava; Zymer U. Neziri, impegnato nella ricerca sull’epica albanese con all’attivo numerosi volumi; Ettore Cingano, classicista e professore a Ca’ Foscari, autorevole studioso o di poesia lirica e dell’epica dell’antica Grecia.

Tra i temi principali della giornata, la cosiddetta “composition in performance”: nell’epica non esiste infatti un testo predefinito e codificato per le diverse opere, sono piuttosto usate delle formule, ovvero delle unità espressive di valenza metrica equivalente, innestante all’interno della performance stessa. Secondo un altro studioso, George Herzog, l’elemento musicale è differenziante, in quanto in grado di conferire una struttura che il testo, da solo, non è in grado di dare.

Proprio dalla spedizione di Parry e Lord, non va dimenticata l’importanza che emerge dei poeti-cantori bilingue, in grado di recitare sia in albanese sia in slavo: ciò consente non solo una diffusione dei canti epici, ma pure potenzialità e dimensioni espressive diverse. Grazie al bilinguismo, è possibile infatti la diffusione della tradizione, per mezzo dell’adattamento nei vari dialetti. Nel corso dell’evento è stato presentato anche “Wild Songs, Sweet Songs. The Albanian Epic in the Collections of Milman Parry and Albert B. Lord”, progetto di pubblicazione di canti in lingua albanese della Milman Parry Collection rimasti sino ad oggi inediti, curato da Nicola Scaldaferri.

Va ricordato inoltre che il contenuto dei canti che compongono la tradizione epica del Kosovo è principalmente storico e leggendario: sono questi temi a dare origine a veri e propri cicli narrativi. I cantori che li eseguono si accompagnano da uno strumento monocorde: il gusle, in slavo, o lahuta, in albanese. In particolare è celebre il ciclo poetico dei “Kreshnik”, gli eroi della frontiera, che vede protagonisti i fratelli Muji e Halil. Oggi questa tradizione è più vitale che mai e trova il proprio centro nevralgico nelle montagne di Rugova: questa è la vera frontiera, al confine tra Kosovo e Montenegro, vicina a Serbia e Albania.

Il concerto, tenutosi a conclusione del seminario, ha visto l’esecuzione integrale de “Il canto delle nozze di Halil” per voce e lahuta, dal ciclo dei kreshnik. Le gesta compiute dal giovane protagonista, Halil, sono documentate in numerose versioni. Oggi sono eseguite da Isa Elezi-Lekgjekaj, il più importante cantore con lahuta attivo a Rugova maestro nel padroneggiare le tecniche formulaiche del canto e della narrazione, che ha dato un reale esempio di “composing in performance”, creando in tempo reale la narrazione sulla base di un serbatoio di formule. Ospitato dall’Auditorium Lo Squero, affacciato sulla Laguna, è accompagnato dalla proiezione della traduzione dei versi. Trattandosi di un canto non rigidamente fissato, la proiezione della traduzione, effettuata da Scaldaferri, ha costituito un’avvincente sfida: sulla base di precedenti versioni eseguite da Isa, è stato predisposto un testo base da cui, grazie ad un apposito software, in modo estemporaneo, seguendo la narrazione di Isa, venivano selezionati i titoli da proiettare.

Accanto al canto di Halil già citata, compare poi il liuto pizzicato a manico lungo (sharki), per l’occasione imbracciato da Hasan Hasani, che si esibisce cantando e accompagnandosi in un’elegia e un canto d’amore.

La realizzazione di seminario e concerto nasce dalla sinergia tra il Laboratorio di Etnomusicologia e Antropologia Visuale dell’Università degli studi di Milano, la Milman Parry Collection of Oral Literature dell’Università di Harvard University, avvalendosi anche della collaborazione dell’Istituto Albanologico di Prishtina.

Per maggiori info sul canto epico del Kosovo clicca qui

Il video della performance:

Kosovo – The Legendary Epic of Kosovo – The Song of Halil’s Wedding (vv 1-20)

Kosovo – The Legendary Epic of Kosovo – Këngë lirike

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