Come se un amico, la nuova creazione di Salvatore Sciarrino interpretata da Cristina Zavalloni in prima assoluta all’Auditorio C.Pollini con l’Orchestra di Padova e del Veneto guidata da Marco Angius, trae spunto dallo Studio in la bemolle maggiore di Chopin incluso nei Trois nouvelles études per il Méthode des Méthodes de piano ideato da Ignaz Moscheles e François -Joseph Fétis.
Quella con Chopin e la sua poetica dello zal, intrisa di nostalgia inestinguibile per ciò che è lontano e perduto, rappresenta un’affinità che da sempre lega il compositore siciliano al musicista polacco. La libera trascrizione di questo studio poco noto, traboccante di poesia e iridescenza armonica, spazializza e dinamizza la scrittura pianistica attraverso pennellate di colore che ne pongono in rilievo i cromatismi più audaci e le sinuosità fraseologiche. La Zavalloni, con la sua voce limpida e flessuosa, dona vita al testo che Sciarrino ha giustapposto alla versione strumentale, versi dedicati al tema dell’amicizia e della solidarietà nei confronti di chi dorme per strada, in un mondo fatto “di bottiglie e di scarpe”, specchio impietoso del tramonto della nostra cultura.
La naturale presenza scenica della cantante bolognese cattura l’attenzione del pubblico anche nelle Nove Canzoni del XX secolo rielaborate per voce e orchestra da Sciarrino. Realizzate tra il 1985 e il 1991, le composizioni alternano brani puramente strumentali a versioni che utilizzano anche la voce solista, con finezze di strumentazione particolarmente efficaci nei fiati e nelle percussioni (si pensi a Night and Day, Love in Here to Stay e agli effettismi jazzistici di You are my Lucky Star). Le caratteristiche vocali della Zavalloni brillano soprattutto ove la scrittura orchestrale si dirada lasciando spazio al dialogo cameristico con il canto, come in Dream, Stardust e Second Hand Rose, bissata a fine serata. Sono gli istanti in cui la voce, lasciate da parte ricerche sofisticate, vibra all’unisono con il suono dei singoli strumenti e fondendosi con essi diventa pura musica, avvolta da indecifrabili velature che nell’irripetibile naturalezza seducono.
Il virtuosismo del complesso padovano trova infine spazio in Catfish Row, Suite Orchestrale tratta da Porgy and Bess di Gerschwin, di cui Angius esalta soprattutto la potenza della struttura ritmica (efficacissima la Fugue centrale) e la dolcezza incantevole degli impasti strumentali (si pensi alla suadenza del violino in Summertime, o al tocco di atmosfera realizzato dal banjo e dal violoncello nel Porgy sings). Il gesto di Angius è chiaro, deciso, efficace, slancia ma ove è necessario trattiene le masse, le ondate di energia, portando alla luce il dualismo insito nella musica di Gerschwin: da una parte l’aspetto lirico e sognante, dall’altra la frenesia vitale che esplode nella smagliantezza di Hurricane e del conclusivo Good Morning, Sistuh. Successo caloroso anche per il Maestro Sciarrino, presente in sala.